Ciarlantini Franco
Fondo
Metadati
- Tipologia
- Fondo
- Data
- Data:
- 1903-1992
- Consistenza
- Consistenza (testo libero):
- 43 buste in totale, di cui 22 con documentazione prodotta da Franco Ciarlantini, 21 con documentazione prodotta da Myrtia Ciarlantini
- Consistenza (testo libero):
- 299 fascicoli complessivi, di cui 209 con documentazione prodotta da Franco Ciarlantini, 90 con documentazione prodotta da Myrtia Ciarlantini
- Storia istituzionale/Biografia
- Franco, all'anagrafe Francesco, Ciarlantini nacque a San Ginesio, in provincia di Macerata, il 28 settembre 1885 da Girolamo e da Teresa Ferroni (la data di nascita indicata è fornita dall'Ufficio di Anagrafe del Comune di San Ginesio, ma nei documenti conservati nell'archivio essa non è univoca. Un biglietto scritto di pugno del soggetto produttore riporta la data del 29 settembre, così come compare nei vari curricula vitae da lui stesso redatti; nei passaporti intestati a Ciarlantini le date presenti sono: per il 1919, 29 settembre 1885; per il 1935: 29 ottobre 1885; per il 1937: 28 settembre 1885).
Nel 1903 Ciarlantini ottenne il diploma della Scuola Normale maschile, "destinata alla formazione dei maestri elementari" tra l'Unità d'Italia e l'attuazione della riforma Gentile (L'istruzione normale dalla legge Casati all'età giolittiana, a cura di C. Covato e A. M. Sorge, Ministero per i beni culturali e ambientali, Ufficio centrale per i beni archivistici, 1994, p. 16), e intraprese la professione di insegnante nelle scuole elementari, formandosi ulteriormente attraverso i corsi di Pedagogia tenuti da Luigi Credaro e da Giacomo Tauro nell'Università di Roma negli anni 1903-1904, seguiti quale uditore, nonché il corso di lezioni teorico-pratiche della Scuola Magistrale ortofrenica nello stesso periodo. Insegnò nelle scuole elementari, fra le altre, di San Polo de' Cavalieri, di Castelfiorentino e di Certaldo. Nel 1920 ottenne il diploma dell'Accademia scientifico-letteraria di Milano, dopo il biennio di studi di perfezionamento riservato ai licenziati delle Scuole Normali.
Durante la permanenza a Certaldo si iscrisse al Partito socialista italiano e divenne un attivo propagandista anche attraverso l'attività giornalistica, prendendo a collaborare a "L'Avanti!" e "Il Cittadino" (E. Lecco, Ciarlantini, Franco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 25, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1981). Partecipò con Filippo Corridoni, di cui era conterraneo e amico, alle battaglie "sindacalistiche" nei luoghi in cui via via la sua professione lo portava.
Dall'ottobre 1906 si trasferì a Milano, ove era stato nominato maestro elementare, esercitando attività politica imperniata soprattutto sulla propaganda attraverso il giornalismo. Unitosi in matrimonio nel 1909 con Italiade Marinari - scomparsa prematuramente nel marzo 1931 -, da cui, forse l'8 ottobre 1910, nacque la figlia Myrtia, non cessò la militanza, alternando, oltre alla docenza, compilazioni di libri scolastici a conferenze i cui testi erano pubblicati a cura di case editrici e tipografie dell'area socialista e anarchica. Nel 1909 pubblicò Per le messi future, "opuscolo di propaganda educativa", fortemente anticlericale, edito nella collana "Biblioteca Germinal" e stampato a Varese dalla tipografia Arti grafiche varesine: si tratta di una serie di indicazioni e proposte ai genitori per una educazione laica, cioè "razionale", perché "i lavoratori dovrebbero preparare le battaglie del domani per mezzo dell'infanzia" (p. 24). In tal modo Ciarlantini coniugava pedagogia e rivoluzione, secondo il suo habitus mentale e le sue competenze che intendeva porre al servizio del proletariato.
Fu inoltre collaboratore di periodici per docenti della scuola elementare, quale quello facente capo alla Sezione maestri e maestre della Camera del lavoro di Milano, "La Scuola popolare" (A. Barausse, Ciarlantini Francesco, http://dbe.editricebibliografica.it/cgi-bin/dbe/Scheda?594) e, poi, "Critica magistrale", "organo della corrente sindacalista all'interno dell'Unione magistrale" (ivi), del cui Comitato di redazione fece parte, dopo essersi allontanato dalla Camera del lavoro.
Come per molti suoi contemporanei, lo scoppio della Grande guerra costituì per Ciarlantini uno spartiacque politico ed esistenziale. Irretito dall'interventismo, nel 1915, dopo essere divenuto l'anno precedente membro del Comitato direttivo del Partito socialista milanese, se ne dimise per approdare al combattentismo, e nella primavera del 1916 partì volontario in qualità di soldato semplice, per poi essere promosso ufficiale. Al fronte volle porre su carta i propri sentimenti e le proprie esperienze, sorta di diario meditativo ben presto pubblicato dalle edizioni Treves (L'anima del soldato, 1917). Il 3 novembre 1918, con il XXIX Reparto d'Assalto e il IV Gruppo Alpini, partecipò quale tenente alla presa di Trento, giungendo in città alcune ora prima delle truppe, con il capitano Piero Calamandrei e il tenente Vittorio Callaini. Prese a collaborare a "Il Popolo d'Italia" almeno dal 1917, quando, il 21 novembre, pubblicò un articolo, Per il paese e per i combattenti, sotto la forma di lettera a Mussolini, nel quale protestò la sua adesione "ai postulati del tuo giornale", e chiedeva, subito dopo Caporetto, una "mobilitazione civile senza burocrazia", con il dare "subito" ai combattenti e alle loro famiglie "la sensazione chiara e precisa della giustizia nazionale nell'ora del cimento", suggerendo provvedimenti concreti; non a caso Ciarlantini conservò tra le sue carte due articoli di Mussolini sul quotidiano relativi alla questione, dei giorni 16 ottobre e 2 novembre.
Nel dopoguerra aderì al movimento Roma futurista, facente capo all'omonimo periodico di Mario Carli ed Emilio Settimelli, movimento che, ancora pervaso dai furori del conflitto, proponeva una politica imperniata su arditismo e futurismo (R. Quarta, Roma pitagorica. Filosofia, magia e musica nella capitale della cultura esoterica, Mediterranee, Roma 2023).
Dopo la guerra si stabilì a Bolzano, inviato speciale per "Il Popolo d'Italia". L'azione di Ciarlantini in terra altoatesina era tesa a permeare di cultura italiana quei territori e, più tardi, di portarvi il credo fascista.
Ma tale azione si basava sulla constatazione dell'approccio improvvisato delle autorità italiane nella gestione del passaggio alla nuova amministrazione statuale: "L'Italia, nell'Alto Adige, si è comportata in modo tale da far pensare [...] che il nostro paese è di una enorme strafottenza" (Problemi dell'Alto Adige. Pe la più grande Italia, in "Il Popolo d'Italia", 10 agosto 1919). Notava Ciarlantini che si era "sentito qualche rudero militarista parlare di forza militare per la buona penetrazione", parole "scempie" cui era necessario contrapporre il buon governo, a partire dalla concessione di "maggiore libertà" con il consentire ai nuovi sudditi di conservare istituti, costumi, tradizioni, salvaguardando "s'intende, il rispetto all'Italia e il diritto alla nostra sicurezza"; ma senza "disfarsi delle buone istituzioni esistenti [...] per evitare i fastidi dei paragoni": con simile azione era lecito aspettarsi l'adesione spontanea, "per interesse, per simpatia", all'italianità da parte dell'Alto Adige tedesco. E per questo proponeva l'istituzione di biblioteche italo-tedesche, la creazione di università popolari italo-tedesche, corsi di letteratura e di lingua italiane e raccomandava, da buon insegnante, tanta attenzione verso la scuola, per condurre le nuove generazioni ad amare e a fare propria, con gradualità, l'identità italiana. In quello stesso 1919 dava alle stampe un volumetto intitolato Problemi dell'Alto Adige (Vallecchi), al fine di indicare la strada per una "pacifica e serena penetrazione italiana", con il riconoscimento della dignità dei nuovi sudditi, non più nemici, ma cittadini italiani "di razza tedesca, quindi è giusto essere benevolenti con loro" (M. Martini, Franco Ciarlantini e i suoi suggerimenti per una pacifica e serena penetrazione, in http://www.14-18.europaregion.info/, Trento 2019), anche considerando i loro pregi, "l'abito della disciplina, il rispetto della legge, e in genere di tutte le manifestazioni dello Stato" (F. Ciarlantini, Il "liberalismo" del vecchio regime. Problemi delle nuove terre, in "Il Giornale di Roma", 6 gennaio 1923). Lo sguardo di Ciarlantini sulla attualità altoatesina era dunque scevro di nazionalismi esasperati, proponeva piuttosto un modello pragmatico mirante a evitare conflitti e ad attendere - gentilianamente, potrebbe dirsi - il consenso spontaneo degli altoatesini tedeschi verso le istituzioni italiane ("I tedeschi sono tedeschi, e lasciamoli, verbigrazia, tedeschi": Id., I problemi del decentramento e dell'autonomia. Per l'avvenire delle nuove terre, in "Il Popolo d'Italia", [27] dicembre 1922), attraverso l'autorevolezza e la credibilità di queste ultime.
Ciarlantini visse in Alto Adige fino al 1923, inviando periodicamente corrispondenze da Bolzano, pubblicate per lo più nel giornale mussoliniano, ma anche in periodici diversi ("L'Epoca", "Il Giornale di Roma" ecc.). Particolare curioso, considerò talvolta alcune esternazioni - in quello stesso 1923 - di Adolf Hitler, chiamato di volta in volta "capo del fascismo germanico" oppure "duce dei socialisti nazionali di Baviera", oppure ancora "irrequieto leader socialnazionalista", il quale ultimo peraltro non reputava opportune le rivendicazioni nei confronti dell'Italia: "Per lui la questione dell'Alto Adige va riguardata da un punto di vista politico nientaffatto localistico, ma generale, inquadrato cioè nella grande politica dei due stati e fuori quindi dai risentimenti nazionalistici e dei programmi massimi dell'avvenirismo pangermanista" (Id., Echi d'oltre Brennero, in periodico non identificato, [1923]). Fondato a Bolzano nel 1919 l'istituto Athesinum, e divenutone "segretario promotore", dopo i primi buoni risultati Ciarlantini non riuscì nel tentativo di promuoverlo quale centro propulsore "per l'incremento morale e materiale dell'Alto Adige", forse per gli insufficienti finanziamenti, e ben presto, intorno al 1922, l'istituto venne meno ( M. Martini, Athesinum, un Istituto dalle grandi ambizioni ma dalla vita breve, Trento 2020. http://www.14-18.europaregion.info/).
Nel frattempo, il 22 dicembre 1920 (ma l'atto fu registrato il 9 gennaio 1921), Ciarlantini aveva fondato a Milano la casa editrice Alpes, acronimo indicante la vastità dei campi da trattare, artistico, letterario, politico, educativo, scientifico, in ultima analisi gli interessi stessi del fondatore, e nelle sue intenzioni essa doveva essere una casa editrice "militante", perché nata con lo sbocciare del fascismo e a esso dedicata (F. Formiga, Franc(esc)o Ciarlantini "primo gerarca del libro" e fondatore di A.L.P.E.S., in La Storia, una vita. Scritti in onore di Giuseppe Parlato, Luni, Milano 2022, pp. 189-203. V. anche Editori a Milano, 1940-1945. Repertorio, a cura di P. Caccia, p. 37). Dotata di diverse collane ("I viaggi", "Letteratura italiana e straniera", "Itala gente dalle molte vite", "L'educazione nazionale", "Biblioteca di cultura politica", "Manuali tecnici", "Libri per la gioventù"), fu presieduta dal maggio 1929 da Arnaldo Mussolini, fratello del Duce, e dal 1923 ebbe sede presso la redazione de "Il Popolo d'Italia": non a caso sotto le sue insegne comparvero i discorsi del capo del fascismo. Nonostante gli ottimi titoli pubblicati - ci si limita a ricordare la prima edizione de Gli indifferenti di Alberto Moravia, peraltro edita, sembra, con il contributo finanziario dell'autore -, la fortuna economica non arrise all'ente: le vendite non riuscirono a coprire le spese di gestione e la Alpes andò in liquidazione nel 1934, benché non avesse "fatte cattive speculazioni: la ricchezza esiste, ma è nei libri che non si sono venduti" (archivio Franco Ciarlantini, b. 18, fasc. 170).
Il 1° febbraio 1923 Ciarlantini si iscrisse al Partito nazionale fascista ed entrò nel Direttorio nazionale e nel Gran Consiglio del fascismo. Questa nuova posizione lo condusse alla direzione dell'Ufficio stampa del Partito, nell'ambito del quale si occupò di rinvigorire i periodici del Partito stesso, condusse studi sulla stampa fascista e quella "allogena", provvide con sussidi - "seguendo un criterio di rigida economia e con tutte le cautele che si impongono" - a quei giornali che li chiesero, promosse un'indagine sulla Stefani per verificare l'opportunità di mantenere all'interno dell'Agenzia giornalisti ostili al regime. Non poteva mancare la creazione di una "Sezione bibliografica per i giornali", necessaria "agli occhi di chiunque consideri i rapporti che debbono intercorrere fra cultura e politica" (F. Ciarlantini, Sei mesi di attività dell'Ufficio Stampa del Partito Nazionale Fascista, Tipografia de L'Idea nazionale, Roma 1925, pp. 1-9): diede dunque il via all'istituzione presso la sede del Partito di una biblioteca "diretta a scopi politici" e di una raccolta di materiale documentario, che sarebbero state di ausilio per illustrare "l'importanza e la grandiosità del movimento fascista" nonché per "l'attuazione di iniziative culturali [...], ricerche e studi in relazione agli scopi della Stampa di Partito". Per Ciarlantini non esisteva dualismo tra politica e cultura: esse erano legate indissolubilmente e servivano l'una all'altra per il bene della Nazione, e al binomio si dedicò per tutta la vita.
Alle elezioni del 1924, quelle tenute con la legge elettorale nota sotto il nome del principale estensore, Giacomo Acerbo (tra i contributi più recenti, v. il Convegno La legge Acerbo del 1923: una riflessione di lungo periodo, Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice-Lumsa, Roma 11-12 ottobre 2023), Franco Ciarlantini si candidò nella Lista nazionale per la Circoscrizione Veneto, risultando eletto. Alla Camera dei deputati, in quella XXVII Legislatura, fece parte quale membro della Commissione di vigilanza sulla Biblioteca e del Consiglio superiore coloniale. Sedette in Parlamento anche nelle successive Legislature, fino a essere nominato Consigliere nazionale nel 1939. Tra le iniziative prese, di rilievo fu la presentazione, nel 1925, dello schema di decreto per la riorganizzazione degli enti che si occupavano delle forze giovanili, in particolare dei Balilla; la ratio della proposta era imperniata sulla scuola, che sarebbe stata il riferimento del nuovo istituto. Ѐ assai significativo che la Relazione di presentazione del decreto contenga osservazioni presenti nell’opuscolo Per le messi future, pubblicato sedici anni prima, in costanza di socialismo anarcoide, potremmo dire, dell’autore (“Lo sviluppo industriale della città rende sempre più impossibile l’assistenza famigliare dell’infanzia. La donna stessa, quella che fino a ieri è stata la educatrice dei figli, viene spinta dal bisogno nello stabilimento […]. Quando i bimbi sono in grado di andare alla scuola pubblica, i genitori sono rassicurati per qualche ora del giorno. Ma, terminata la scuola, mentre i babbi e le mamme sono al lavoro, gli scolaretti dove vanno, cosa fanno? […] E se anche l’alunno, dopo la scuola, avesse la possibilità di essere ospitato in casa, è forse educativo l’ambiente domestico? […] Urge quindi un provvedimento, è l’istituzione di speciali ricreatori popolari […] I ricreatori si facciano, sono indispensabili, centri di educazione fisica, di libere e feconde iniziative infantili”, Per le messi, cit., pp. 28-32; “Nella scuola l’alunno trascorre 5 ore per ogni giorno di scuola. Nel resto della giornata e nei giorni di vacanza l’opera educativa della scuola dovrebbe essere continuata dalla famiglia. Ma può la famiglia assolvere a questo importantissimo dovere? Spesso essa è incompetente, più spesso non si cura dell’educazione dei figlioli, e frequentemente la famiglia è smembrata dal lavoro industriale […]. In tutti questi casi, cioè nella maggioranza dei casi, il ragazzo, uscito di scuola, resta in balia di se stesso. Occorre dunque raccogliere questi ragazzi in istituti di educazione postscolastica; colonie educative, educatorii, ricreatori, ecc., istituti che non sono e non devono essere una ripetizione della scuola, ma un aiuto, un compimento della scuola. Gli alunni vi devono trovare lo studio e il diletto […]”, Relazione al decreto [cit. in O. Stellavato, Gioventù fascista: l’Opera nazionale Balilla, tesi di dottorato in Teoria e storia della formazione delle classi politiche, Ciclo XIX, p. 44]. La pedagogia di Ciarlantini presenta dunque un continuum tra il credo socialista e la fede fascista, una sollecitudine verso i bambini, secondo il Ciarlantini del 1909, per “formare il cittadino veramente libero e veramente tollerante, che dovrà trasformare dalle radici l’attuale società” (Per le messi, cit., p. 13), per il deputato fascista “per lo sviluppo fisico […] per l’educazione intellettuale […], per l’educazione morale e patriottica” (Stellavato, cit., p. 44).
Con il tempo il suo ruolo di intellettuale divulgatore della cultura italiana e della fede fascista si accrebbe e si estrinsecò nei libri che andava pubblicando e nelle iniziative da lui promosse (Dieci anni di fascismo, Carabba 1932; Hitler e il fascismo, Bemporad 1932, dove sottolineava le differenze con il nazionalsocialismo; Mussolini immaginario, Sonzogno 1933; Il capo e la folla, Sonzogno 1935). Già nel 1923 era stato nominato consigliere dell'Ente autonomo Teatro alla Scala e presidente del Consiglio nazionale del teatro, uno dei primi esempi di rappresentanza corporativa. Nello stesso anno fu inserito nel Gruppo di competenza per l'educazione, dopo aver aderito al Fascio di educazione nazionale voluto nel 1920 da Giovanni Gentile. Nel 1925 collaborò con lo stesso Gentile all'organizzazione del Convegno degli intellettuali fascisti svoltosi a Bologna il 29 e il 30 marzo. Dopo la chiusura, egli ricordò al filosofo attualista la sua risoluzione di dar seguito alla proposta Bodrero, lanciata durante il Convegno, circa l'opportunità di "redigere un documento chiaramente espositivo [della] nozione del fatto fascista, della sua storia, della sua pratica, del suo proposito [...] a cui dare la maggiore divulgazione possibile per mezzo delle nostre rappresentanze all'estero" (Fondazione Giovanni Gentile, fondo Giovanni Gentile, s. Corrispondenza, ss. Lettere inviate a Gentile, fasc. Ciarlantini Franco, lettera del 7 aprile 1925), e fu il Manifesto degli intellettuali fascisti agli intellettuali di tutte le nazioni. Di lì a poco, a dicembre, Ciarlantini avrebbe dato vita ad "Augustea", periodico che fin dalla denominazione - partorita, parrebbe, dalla mente dello stesso Duce - svela le proprie mire, ispirarsi a Roma, alla sua storia, per perseguire una politica culturale di grande espansione verso l'esterno: "Bisogna che tutti gli scrittori italiani siano all'interno e soprattutto all'estero i portatori del nuovo tipo di civiltà" (F. Ciarlantini, La missione degli scrittori italiani nel discorso di Mussolini alla Società degli Autori, in "La Tribuna", 1926, cit. in R. Gennaro, L’‘imperialismo spirituale’ negli esordi della rivista Augustea (1925-1927), in "Incontri", XXVII (2012), 2, https://rivista-incontri.nl/article/view/URN:NBN:NL:UI:10-1-113005). D'altra parte, questa era l'impostazione di tutta l'attività intellettuale del fondatore della rivista, che portò avanti ancora nel tempo. Dal periodico nacque infatti nel 1928 la casa editrice Augustea. In qualità di direttore sia della rivista sia della casa editrice, Ciarlantini ebbe contatti con innumerevoli esponenti della cultura italiana e anche straniera, letterati, pittori, giornalisti, scultori, musicisti, editori, attori, molte donne scrittrici e poetesse, e con politici d'ogni calibro, come dimostra la nutrita corrispondenza conservata nell'ambito della serie Augustea del suo archivio. Fu legato particolarmente a Lionello Fiumi, grande divulgatore, come lui, della cultura italiana all'estero, segnatamente in Francia, e al pittore viareggino Lorenzo Viani. Amico di vecchia data, Viani collaborò ad "Augustea" per la parte artistica ed ebbe l'appoggio dell'editore nella realizzazione di alcune sue personali fin dal 1915 (per le lettere dell'artista toscano a Ciarlantini v. Archivio Ida Cardellini, b. 27, fasc. 2).
L'influenza acquisita da Ciarlantini nel campo cultural-editoriale, grazie soprattutto alla direzione della Alpes e a quella di "Augustea", alla vicepresidenza - dal 1921 circa - dell'Aeli (Associazione editoriale libraia italiana), oltre ai rapporti che intratteneva con numerosi intellettuali italiani, lo condusse, nel 1926, alla presidenza della Federazione nazionale fascista degli industriali editori e a divenire perciò membro del Consiglio nazionale delle Corporazioni.
Come accennato, una delle attività di cui più sentiva l'urgenza era quella della divulgazione della cultura italiana nel mondo, principalmente nella modalità della diffusione del libro italiano all'estero, che, persuasione per lui di antica data, “ha un’importanza capitale per il prestigio nazionale e non la si può esclusivamente affidare alle cure di librai ignoranti o allo zelo di qualche trust librario dominato da speculatori internazionali” (F. Ciarlantini, Il Congresso della “Dante” a Trento. Per la protezione dell’italianità nelle terre redente e fuori del Regno, in periodico non identificato [“Il Popolo d’Italia”?], [settembre 1921]). Era dunque necessaria un’azione più incisiva, che doveva coinvolgere le istituzioni. A tal fine intraprese svariati viaggi, in Olanda, in Argentina, negli Stati Uniti, in Marocco, in Bulgaria, in Grecia, ove organizzò mostre del libro italiano per favorirne la conoscenza e l'interesse. Da questi viaggi scaturirono molti libri (Viaggio in Argentina, Alpes 1928; Incontro col Nord America, Alpes 1929; Al paese delle stelle, Alpes 1931; Preludio all'Olanda, Agnelli 1932; Roma-New York e ritorno, Agnelli 1933; Viaggio nell'Oriente mediterraneo, Mondadori 1935; Il Marocco com'è, Mondadori 1937) e numerose cronache in vari periodici. Spesso, sollevando il problema, si trovò a riflettere sulle vendite, sulle traduzioni, sulle tirature delle opere italiane nei paesi stranieri; di più, nel 1939 promosse attraverso "Augustea" un'indagine sulla diffusione del libro italiano nel mondo con il coinvolgimento degli istituti italiani di cultura all'estero, inviando loro un questionario ove si chiedeva tra l'altro il grado di conoscenza del libro italiano nella società di un certo Paese, la preferenza dei temi, la richiesta di opere tradotte. Il fine era il consueto: realizzare "l'unità di tutte le iniziative per la conquista spirituale del mondo" (archivio Franco Ciarlantini, b. 18, fasc. 158, ms di Ciarlantini s.d.; sull'argomento v. anche b. 3, fasc. 29).
In qualità di presidente della Federazione nazionale fascista degli industriali editori, Ciarlantini fu chiamato a presiedere, nel gennaio 1934, l’Agenzia generale italiana del libro (Agil), appena costituitasi a Roma, nella forma di società anonima, sotto gli auspici della Federazione stessa. Lo scopo dell’Agenzia era la diffusione del libro italiano all’estero, “sia per conto terzi che, eccezionalmente, per conto proprio” (Foglio degli annunzi legali della Provincia di Roma, 1933, p. 1436): “la sua azione commerciale sarà appoggiata da un ‘Bollettino bibliografico’ che verrà diffuso in molte migliaia di esemplari nel quale saranno segnalati, per mezzo di annunci bibliografici o per mezzo di recensioni, i libri che potranno interessare il mercato straniero”.
Nel novembre 1934 Ciarlantini scrisse a Gentile e lo informò della fondazione di una nuova casa editrice, le Edizioni Roma, della quale “ho assunta la direzione” (fondo Gentile, cit., fasc. Ciarlantini Franco, cit., lettera del 2 novembre 1934). Il nuovo ente aveva un organigramma blasonato, soprattutto per fregiarsi di Gioacchino Volpe quale presidente, circondato da personaggi di un certo lignaggio culturale, come il direttore spiegava a Gentile: “[…] il Consiglio è composto, oltre che da Volpe, da S. E. Bottai, dall’on. Ungaro, dal Gr. Uff. Cerè e dal sottoscritto”. Nell’"Annuario industriale di Roma e del Lazio" del 1938, alla p. 560, il nome di Bottai non compare: al suo posto sembra essersi insediato Giovanni Vaselli. La casa editrice avrebbe dedicato “la sua attività in modo particolare a pubblicazioni che interessano la scuola e la cultura in genere”, come Volpe e Ciarlantini ebbero modo di dichiarare al segretario del Pnf Achille Starace, che li ricevette poco dopo la promozione della nuova realtà cultural-editoriale (“Annali del fascismo”, IV (1934-XII), p. LXIII).
"Mio caro Baistrocchi, vedo la creazione della 'Tevere". Non ti pare che io potrei essere utile in tale Divisione con la mia esperienza di vecchio minatore dello Zugna e del Pasubio, o anche con le mie varie qualità di esperto di cose e uomini dell'Estero?": così il 5 agosto 1935 Ciarlantini scriveva al generale Federico Baistrocchi, dopo aver saputo della costituzione della Divisione Tevere in partenza per l'Africa Orientale (archivio Franco Ciarlantini, b. 19, fasc. 174). Ciarlantini aveva scritto del suo proposito anche ad Amilcare Rossi, presidente dell'Associazione nazionale combattenti, che il 23 agosto dello stesso anno gli rispondeva complimentandosi con lui che, "non pago di aver dato e di dare tanto per l'Italia", desiderava "anche offrire ad Essa il proprio braccio nelle gloriose contingenze attraverso le quali il Duce La porterà alle mete di grandezza e di potenza"(idem). Il 29 settembre Ciarlantini era a Messina, in attesa di imbarcarsi, e il 3 ottobre inviava alla figlia un telegramma "dal mar Rosso". In loco, fu incardinato nell'Ufficio Lavori del Genio militare ed eseguì numerosi sopralluoghi nei cantieri della zona di guerra. Simile attività comportò la compilazione di un gran numero di rapporti, nei quali, oltre a osservazioni di natura sindacale, militare, pratica, sollecitava interventi atti a sollevare il morale dei lavoratori e dei tecnici, come la presenza di una biblioteca e di personale che potesse assistere e incoraggiare le maestranze. Durante uno di questi sopralluoghi, Ciarlantini ebbe modo di vivere la vita di cantiere, che in un rapporto così descriveva: “[…] mentre si realizzava in pieno lo sfruttamento del grandioso successo di Mai Ceu [l’ultima grande battaglia della guerra d’Etiopia], la nostra Arma era impegnata nei lavori stradali e nell’opera di collegamento, che si svolgeva in condizioni particolarmente difficili per la impraticabilità dei luoghi, l’imperversare di piogge torrenziali, e anche per il numero enorme dei morti che incombeva nella zona. Nei limiti delle nostre possibilità e della modestia delle nostre attribuzioni abbiamo percorso, tappa tappa, vivendo la medesima vita dei soldati tutta la zona […], incoraggiando i soldati a compiere il loro dovere, consigliandoli, eccitando il loro entusiasmo messo a dura prova dalle infinite difficoltà dei compiti loro assegnati con la prospettiva del grandioso successo delle nostre armi […] e della conseguente conquista di un vasto Impero […]. Assistenza spirituale: valendoci delle nostre relazioni personali presso enti e privati munifici in Italia, abbiamo promosso l’invio i centinaia e centinaia di libri, riviste e giornali a reparti combattenti, cantieri, operai, infermerie. Abbiamo distribuito una notevole quantità di indumenti personali specie negli ospedaletti da campo. Abbiamo organizzato un nucleo di biblioteca per ufficiali del Genio composto di 306 volumi […]” (archivio Franco Ciarlantini, b. 20, fasc. 179). Da questa esperienza nacque il volume Seconda guerra, che Ciarlantini pubblicò per i tipi di Mondadori nel 1938. In quello stesso anno comparve tra gli autori della Enciciclopedia del ragazzo italiano Labor, insieme con Vittorio d’Aste, Luigi Emanuele Gianturco, Arturo Marescalchi.
Ancora presidente della Federazione nazionale fascista degli industriali editori nel 1938, Ciarlantini emanò la circolare riservata agli associati del 25 novembre, mirante all’eliminazione dei libri di autori ebrei dai cataloghi delle case editrici italiane (G. Fabre, L’elenco. Censura fascista, editoria e autori ebrei, Zamorani, Torino 1988, pp. 195-198).
Nel 1939 risulta presidente della Società anonima filmi attualità (S.A.F.A.), "produzione filmi, doppiaggio, sincronizzazione" ("Annuario industriale di Roma e del Lazio", 1939, p. 784).
Morì a Roma il 5 febbraio 1940, "in seguito a repentina violenta malattia. Del profondo cordoglio suscitato dalla sua immatura scomparsa si è fatta eco tutta la stampa, ricordando la sua nobile figura di educatore, di uomo politico, di scrittore, di combattente": tra i tanti, il necrologio di Luigi Volpicelli, amico e sodale nello studio del mondo della scuola, sintetizzò in tal modo i sentimenti del mondo culturale italiano (L.V., Franco Ciarlantini, in "I Diritti della scuola", XLI (1940-XVIII), 12, 10 febbraio).
Alessandra Cavaterra
- Storia archivistica
- Accostarsi all’archivio di una persona, famosa o sconosciuta che sia, induce a sentimenti discordanti, dove però a prevalere, sulla curiosità, sulla diffidenza o sull’entusiasmo, è, deve essere, il rispetto, che si declina non solo quale attenzione, quale riserbo ma, per chi si accinge all’emozionante lavoro di emersione della logica che pervase - per dirla in gergo - il soggetto produttore nella ratio del mantenimento o, viceversa, dell’abbandono in cui conservava le proprie carte, anche quale deferenza – direi – verso la cristallizzazione in cui la documentazione è giunta, è rimasta, al momento del – altra gergalità – versamento o, ancor prima, a quello della sua disposizione presso l’abitazione, l’ufficio, lo studio, il luogo insomma ove le carte hanno preso vita, “spontaneamente, per sedimentazione”. Questo insieme di sentimenti ha pervaso l'animo delle autrici del presente inventario, avvicinandosi al lascito Ciarlantini.
Nel 2008 la Fondazione ha ricevuto in deposito dal pronipote di Franco Ciarlantini, omonimo del prozio, dieci scatoloni con documenti prodotti sia da Franco sia dalla di lui figlia Myrtia, per lo più frammischiati tra loro. Infatti in casi analoghi, in caso cioè di archivi di familiari che per ragioni varie e diverse si trovano accostati, è consueto trovare una certa confusione, per cui le carte dell'uno giacciono nelle carte dell'altro. L'osservazione per cui l'ultimo utilizzatore dell'archivio assorbe, in un certo senso, le carte dell'altro, è senz'altro valida e autentica, ma non apodittica, per quanto difficilmente l'ultimo soggetto produttore non incorpori nel proprio archivio qualche documento precedente, magari anche solo quelli amministrativi e/o contabili. Nel caso in questione, è possibile affermare, dopo esplorazioni e analisi minute, che poco di Franco è conservato nell'archivio di Myrtia: in particolare, va segnalato un fascicolo di corrispondenza relativo a Gian Francesco Malipiero, con numerose lettere del compositore a Franco Ciarlantini, radunate da Myrtia al momento della morte di Malipiero, accostando a esse alcuni scritti di lui. Dunque si può dire senz'altro che le carte paterne furono consultate da Myrtia, la quale appose intitolazioni su alcune delle cartelline che racchiudevano documenti di Franco; talvolta in alcuni fascicoli sicuramente attribuibili allo stesso Franco sono stati reperiti appunti ed elenchi redatti a opera di Myrtia. La raccolta dei necrologi pubblicati alla morte dell’editore, realizzata da Myrtia, ha suscitato l’impressione della volontà di attribuirle la natura di prosecuzione dell’archivio paterno, e in tale insieme è stata collocata.
Il frammischiamento cui si accennava supra era - così ci si sente di asserire - davvero frutto di un disordine dovuto al tempo e alla presumibile consultazione dell'archivio da parte di familiari e discendenti, nonché allo stesso confezionamento degli scatoloni e alla precedente conservazione post scomparsa di Myrtia da parte dei parenti (a proposito della preparazione del versamento dell'archivio alla Fondazione, va segnalata la redazione dell'elenco di consistenza, forse a cura del pronipote dei Ciarlantini).
Al di là di simile evenienza, lo stato generale dei documenti presentava un notevole grado di disordine: alcuni di essi erano racchiusi in fascicoli, più o meno originali, molti altri si trovavano al di fuori di qualunque incartamento e necessitavano di un forte impegno di studio per l'opportuna contestualizzazione. La prima cura è stata quella di individuare ed eventualmente separare la documentazione dell'uno e dell'altra, anche per poter intestare l'archivio a uno dei due personaggi o a entrambi. La soluzione trovata, basata sull'analisi delle carte e lo studio della attività stessa di padre e figlia, ha condotto a intitolare l'insieme a Franco Ciarlantini, creando un fondo aggregato al suo interno con la documentazione prodotta da Myrtia.
L'attribuzione dei fascicoli e delle carte sciolte presenti all'interno degli scatoloni è avvenuta sulla base delle considerazioni scaturite, oltre che dall'analisi della documentazione, dalle date di produzione e di acquisizione delle carte, nonché dall'afferenza di queste a certe o cert'altre tematiche. Va da sé che la data di morte di Franco (febbraio 1940) ha costituito un riferimento imprescindibile dell'appartenenza al soggetto produttore Myrtia di documenti creati nel periodo posteriore; analogamente, la documentazione anteriore al 1910-1920 (la prima data, presumibile anno di nascita di Myrtia) è stata attribuita senza esitazione al soggetto produttore Franco. Com'è naturale, tra i fascicoli attribuiti a Franco, alcuni, come accennato, rivelano postille a cura di Myrtia: non si è reputato opportuno il "trasloco" di questi incartamenti tra le carte dell'una, avendo simili postille natura di mera consultazione - che potremmo definire amorevole - di documenti paterni, unita al desiderio di chiarire, in primo luogo a se stessa, il motivo della produzione e della conservazione. La raccolta dei necrologi pubblicati alla morte dell’editore, operata da Myrtia, ha suscitato l’impressione di una sorta di prosecuzione dell’archivio paterno, e in tale insieme è stata collocata.
Le serie tra cui i documenti sono distribuiti sono emerse via via che lo studio di questi procedeva attraverso la ricognizione di quanto contenuto negli scatoloni, e poi durante la fase di schedatura. La valutazione delle tipologie documentarie e delle tematiche trattate, nonché delle diverse attività svolte dai soggetti produttori, ha consentito la loro focalizzazione. Nel caso di Franco esse sono state individuate in numero di quindici, alcune dotate di sottoserie. Il fondo aggregato Myrtia Ciarlantini presenta invece sette serie. La disposizione delle serie e, al loro interno, dei fascicoli è cronologica. Le serie con le carte di natura personale sono state poste in fondo.
L'archivio è stato dichiarato di interesse storico particolarmente importante dalla Soprintendenza archivistica per il Lazio il 23 febbraio 2009.
Alessandra Cavaterra
- Modalità di acquisizione
- L'archivio è stato depositato nel marzo 2008 presso la Fondazione Ugo Spirito (questa all'epoca era la denominazione dell'istituto), a opera del pronipote di Franco Ciarlantini, omonimo del prozio.
- Contenuto
- Scritti inediti, documenti ufficiali poco noti, ampia serie di corrispondenza relativa per lo più alla casa editrice Augustea e all'omonimo periodico, tutto ciò costituisce motivo di elevato interesse verso le carte Ciarlantini, che "permettono non solo di seguire lo svolgersi del pensiero intellettuale e creativo, ma anche di collocare l’autore nel contesto culturale della sua epoca, attraverso le sue reti di relazioni intellettuali, la ricezione delle sue opere, i rapporti con le realtà a lui esterne" (Annantonia Martorano, 3.2 Archivi d’autore, di persona o sezioni documentarie di fondi complessi, https://www.aib.it/wp-content/uploads/2019/12/PresentazioneLineeGuida_AIB_Milano_Martorano-prima-parte.pdf).
Tra i documenti di maggiore interesse, oltre a numerose fotografie della Prima guerra mondiale e ad altre, altrettanto numerose, relative all'Africa orientale italiana, si trovano le circolari dell'Ufficio stampa del Partito nazionale fascista, di cui tra il dicembre 1924 e il giugno 1925 Ciarlantini fu a capo, le relazioni a Mussolini circa lo stato della diffusione della cultura italiana all'estero, le relazioni dei sopralluoghi nei cantieri quale ispettore del Genio militare durante la Guerra d'Etiopia (fu anche in quello della ditta Gondrand poco dopo l'eccidio da parte della guerriglia etiopica). Di rilievo le "conversazioni" con personaggi di primo piano del panorama culturale italiano, conservate nella partizione relativa alla corrispondenza nell'ambito della serie Augustea, periodico e casa editrice.
L'archivio aggregato Myrtia Ciarlantini raccoglie la sua produzione pubblicistica in tema di storia dell'arte e storia della letteratura, materie per le quali collaborava a numerosi periodici. Scrisse anche racconti brevi ove si scorge la sua capacità di introspezione psicologica. Assai ampia è la sezione dei materiali di lavoro, interessante raccolta di scritti sui temi a lei cari. Di un certo rilievo è la raccolta fotografica dell'agenzia giornalistica "Mercurio", forse della stessa Myrtia, che immortala moltissimi personaggi della cronaca politica. letteraria, artistica, mondana degli anni Cinquanta-Sessanta. Del pari rilevante è la raccolta di alcuni periodici, come "Quadrivio" (1933-1940), così come le carte di Franco, quanto a riviste, presentano fra l’altro una buona collezione di “Termini”.
- Strumenti di ricerca
- Inventario a cura di Alessandra Cavaterra con la collaborazione di Diana Fiore. Alessandra Cavaterra ha curato la schedatura, il riordinamento, l'inventariazione dell'archivio Franco Ciarlantini e il riordinamento dell'archivio aggregato Myrtia Ciarlantini. Diana Fiore ha curato la schedatura e l'nventariazione dell'archivio aggregato Myrtia Ciarlantini.
- Struttura
- Serie 1. Scritti
Sottoserie 1. Articoli in periodici
Sottoserie 2. Manoscritti e appunti
Sottoserie 3. Lavori teatrali
Sottoserie 4. Conferenze
Sottoserie 5. Rapporti ufficiali
Sottoserie 6. Monografia
Serie 2. Scritti di terzi
Serie 3. Scritti su Franco Ciarlantini
Serie 4. Prima guerra mondiale
Serie 5. Lettere varie
Serie 6. Raccolta bibliografica
Serie 7. Rapporti con editori
Serie 8. Affari vari
Serie 9. Ufficio stampa del Partito nazionale fascista
Serie 10. Augustea, periodico e casa editrice
Sottoserie 1. Corrispondenza
Sottoserie 2. Amministrazione
Sottoserie 3. Redazione
Sottoserie 4. Materiali editoriali
Sottoserie 5. Scritti circa Augustea
Serie 11. Casa editrice Alpes
Serie 12. Africa e Guerra d’Africa
Serie 13. Edizioni Roma
Serie 14. Fotografie
Serie 15. Documentazione di natura personale
Fondo aggregato 1. Myrtia Ciarlantini
Serie 1. Materiale di lavoro
Serie 2. Raccolta bibliografica
Serie 3. Corrispondenza
Serie 4. Scritti
Serie 5. Guerra d'Africa
Serie 6. Mercurio
Serie 7. Documentazione di natura personale
- Descrittori
- Fascismo,Editoria,Cultura,Colonialismo,Scuola,Socialismo,Sindacalismo rivoluzionario,Educazione
- Numerazione
- Numero:
- 10
- Bibliografia
- - A. Barausse, Ciarlantini Francesco, http://dbe.editricebibliografica.it/cgi-bin/dbe/Scheda?594
- F. Formiga, Franc(esc)o Ciarlantini "primo gerarca del libro" e fondatore di A.L.P.E.S., in La Storia, una vita. Scritti in onore di Giuseppe Parlato, Luni, Milano 2022, pp. 189-203
- Editori a Milano, 1940-1945. Repertorio, a cura di P. Caccia, p. 37
-R. Gennaro, L’‘imperialismo spirituale’ negli esordi della rivista Augustea (1925-1927), in "Incontri", XXVII (2012), 2, https://rivista-incontri.nl/article/view/URN:NBN:NL:UI:10-1-113005
- E. Lecco, Ciarlantini, Franco, in Dizionario biografico degli italiani, vol. 25, Istituto della Enciclopedia italiana, Roma 1981
- M. Martini, Franco Ciarlantini e i suoi suggerimenti per una pacifica e serena penetrazione, in http://www.14-18.europaregion.info/, Trento 2019
- M. Martini, Athesinum, un Istituto dalle grandi ambizioni ma dalla vita breve, Trento 2020. http://www.14-18.europaregion.info/
- A. Zontini, Le Edizioni Alpes di Franco Ciarlantini, con sullo sfondo Bice Viallet e le donne nella pittura, https://www.cacciatoredilibri.com/le-edizioni-alpes-di-franco-ciarlantini-con-sullo-sfondo-bice-viallet-e-le-donne-nella-pittura/
- Note
- Abbreviazioni:
b., bb. = busta/buste
fasc., fascc.= fascicolo/fascicoli
ms = manoscritto
Pnf = Partito nazionale fascista
presum. = presumibilmente
s. = serie
s.d. = senza data
ss. = sottoserie
Relazioni
Soggetto produttoreCiarlantini, Franco
Soggetto conservatoreFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
Fondo di appartenenzaCiarlantini Franco
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