Lazio'900
Melchionda Roberto
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Metadati

Tipologia
Fondo
Data
Data:
1948-2008
Consistenza
Tipologia:
busta/e
Quantità:
7
Tipologia:
fascicolo/i
Quantità:
62
Storia istituzionale/Biografia

Roberto Melchionda, nato a Brescia il 10 settembre 1927, fu studioso di Julius Evola. Pur svolgendo la professione di dirigente d'azienda, con il rivestire il ruolo di responsabile dell’Ufficio studi dell’Associazione degli industriali della provincia di Firenze, e la correlativa direzione della rivista dell'Associazione, “Industria toscana”, ebbe a cuore il coltivare la filosofia, pubblicando monografie, saggi e articoli in vari periodici. Negli anni giovanili fu militante del Movimento sociale italiano, uno dei “figli del sole” con suoi coetanei quasi tutti destinati poi a divenire personalità impegnate nel mondo culturale di Destra.
La sua militanza politica cominciò con l’arruolamento, nel 1943, a 16 anni, durante la Repubblica sociale italiana, prima nei Bersaglieri, poi nella Guardia nazionale repubblicana, infine nelle Brigate nere, precisamente nella Brigata nera mobile alpina intitolata al caduto Enrico Quagliata (testimonianza di R. Gordini alla curatrice). Tale militanza rischiò di avere conseguenze gravi sulla famiglia: “A Brescia, un gruppo di ragazzotti malintenzionati cercò di portare via mia sorella dodicenne. Ma un ufficiale dell’esercito del Regno del Sud, che abitava nel nostro stesso condominio, riuscì a sottrarla all’aggressione” (testimonianza in A. Carioti, Gli orfani di Salò, Mursia, Milano 2008, p. 35).
Terminata la guerra, dopo un’esperienza di alcuni mesi nel 1946 nella formazione denominata Fronte dell’italiano, di cui aveva contribuito a fondare la sezione bresciana con Marcello Mainardi, Nino D’Amato e Antonio Castellini (28 maggio 1974. Strage fascista a Brescia. Dossier di dieci anni di violenza fascista, Supplemento al n. 34 di “Movimento studentesco”, p. 76,
https://www.28maggio74.brescia.it/ms-28maggio74/doc00764120130827134041-ocr-ok.pdf), il 4 marzo 1947 diede vita con questi e altri personaggi alla Federazione provinciale di Brescia del neonato Movimento sociale italiano (Movimento sociale italiano, M.S.I., in A. Fappani, Enciclopedia bresciana, http://www.enciclopediabresciana.it/enciclopedia/index.php?title=MOVIMENTO_Sociale_Italiano,_M.S.I.), “schierandosi tra i primi con i giovani della estrema destra” (dalla breve biografia comparsa in “Tabula rasa”, I (1956), 1, p.  78). Con Giano Accame, Piero Buscaroli, Fabio De Felice, Enzo Erra, Fausto Gianfranceschi, Franco Petronio, Cesare Pozzo, Pino Rauti, Primo Siena, Piero Vassallo, nell’ambito del Partito diede vita alla corrente cosiddetta “giovanile”, poi ribattezzata dei “figli del sole”, espressione più o meno beffarda ispirata al riferimento ideale degli appartenenti alla corrente, il pensiero di Julius Evola, benché le suggestioni che animavano i giovani derivassero anche da altre vie religioso-filosofico-politiche (cattolicesimo, gentilianesimo), in un’originale visione metapolitica di natura spiritualistica.
Nel 1951, con l’accusa di essere responsabile dell’attentato alla sede dell’Anpi di Brescia il 25 aprile di quell’anno, fu arrestato insieme con altri collaboratori del periodico “Imperium”, accusati tutti di attentati in varie città, avvenuti tra il 1950 e il 1951 e rivendicati dall’organizzazione denominata Legione nera, ma attribuiti dagli investigatori ai Fasci di azione rivoluzionaria (Far). Il processo che ne seguì, iniziato il 10 ottobre, di cui Melchionda, nel frattempo scarcerato, ebbe gli echi dal proprio avvocato, vide alla sbarra, tra gli altri, Cesco Giulio Baghino, Franco Dragoni, Enzo Erra, Fausto Gianfranceschi, Luciano Lucci Chiarissi, Cesare Pozzo, Pino Rauti, Egidio Sterpa. Esso fu noto come “processo alla gioventù”, con riferimento all’età dei personaggi coinvolti, o “processo dei 36”, dal numero degli imputati, tra i quali – unico adulto, considerato il “cattivo maestro” – vi fu il nome eccellente di Julius Evola, e tra le imputazioni comparve quella di apologia di fascismo. La difesa di Melchionda fu assunta da Piero Pisenti, già ministro di grazia e giustizia durante la Repubblica sociale italiana. Il 21 novembre 1951 Pisenti comunicava al suo assistito l’assoluzione “per non aver commesso il fatto”: Melchionda infatti documentò che nel giorno e nell’ora dell’attentato si trovava alla messa domenicale nella chiesa di San Francesco d’Assisi della sua città (serie 1., ss. 1., b. 1, fasc. 1, sfasc. 2, inserto 1). Molti giovani furono assolti, così come Evola, le condanne furono lievi (N. Rao, La fiamma e la celtica, Milano, Sperling & Kupfer, pp. 59-62; A. Carioti, Gli orfani, cit., pp. 218-231, 239-247; M. Iacona, Julius Evola e le vicende processuali legate ai Far 1950-1954, in “Nuova Storia contemporanea”, XIII (2009), 3, pp. 129-152; N. Tonietto, La genesi del neofascismo in Italia, Le Monnier, Firenze 2019, pp. 215-220).
Benché usciti dal processo circonfusi dell’aura di “vincitori” e dunque in grado di prendere saldamente in mano il Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori (RGSSLL), l’organizzazione missina rivolta alla gioventù, i giovani “spiritualisti” con il breve volgere di pochi anni si trovarono di nuovo in rotta di collisione con la dirigenza del Partito, al punto che molti suoi appartenenti uscirono, chi prima chi dopo, dal Msi, battendo ciascuno strade diverse.
In quel torno di tempo Melchionda, volendo rendersi autonomo dalla famiglia (nel 1954 si recò per alcuni mesi in Svizzera in cerca di un’occupazione stabile), si trasferì a Milano dove, mettendo a frutto le proprie capacità e competenze intellettuali, negli anni fino al 1957 circa collaborò a numerosi giornali di area (“Asso di bastoni”, “Il Nazionale”, “Vespri d’Italia”, “Avanguardia nazionale”, “La Notte”, “Il Popolo italiano”, “Cronaca italiana”, “Lotta politica”). I temi da lui affrontati spaziarono dalla vita culturale milanese alle questioni inerenti al lavoro italiano all’estero, alle vicende della Destra italiana fino a brevi trattazioni politico-ideologiche (serie 3., b. 4, fascc. 33-35).  Da tale attività sperava di trarre sostentamento, oltre a contribuire a diffondere un pensiero e una direttrice di azione politica, per quanto, tornando con la mente a quei tempi, in seguito confessò di non avere avuto “un particolare interesse per la cosa in sé”, privo com’era di una vera “vocazione per il lato tattico, operativo, gestionale, amministrativo” (serie 2., ss. 2., fasc. 30, lettera a Primo Siena [1999], doc. 8). A suo parere, la questione “si giocava più sul piano culturale che della politica politicante” (idem), disposizione d’animo cui cercò di tenere fede sempre. Ancora interno al Msi, in quegli anni la sua azione era svolta in qualità di ispettore regionale del Raggruppamento giovanile studenti e lavoratori lombardo
 (serie 1., ss. 1., b. 1, fascc. 1-2 e fondo Giano Accame, serie 3., b. 66, fasc. 521).
Nel 1954 sposò Gaetana ("Tina") D'Amato, sorella di Nino, cofondatore della Federazione provinciale di Brescia del Msi.
Dopo la creazione, da parte di Ernesto De Marzio, parlamentare del Msi, del Centro di vita italiana, ente che intendeva offrire la possibilità di “fare politica” attraverso iniziative di approfondimento culturale anche, per usare le parole di Giano Accame, che ne fu segretario, con il fine di “dare nuova linfa all’impegno civile” (La memoria della Destra, a cura di G. Malgieri, p. 216), Melchionda si adoperò per crearne la sezione milanese, riuscendo nell’intento il 28 aprile 1955 (serie 1., ss. 1., b. 1, fasc. 3, lettera a De Marzio, 30 aprile 1955, minuta) con il coinvolgimento di molti giovani militanti del Msi, tra gli altri Carlo Amedeo Gamba, che nel 1953, per breve tempo, era stato alla guida della Federazione provinciale di Brescia del Partito, Nino D’Amato, anche lui militante bresciano, i milanesi Augusta e Lorenzo Ribotta, il suo collega giornalista Enrico Fiorini.
La delusione verso la strategia politica del Msi, ritenuta fiacca e priva di respiro, con il ripudio della “funzione storica di cui si è investiti per sposare i temi della propaganda […] in cui va persa ogni realistica visione d’insieme”, e il conseguente “dolo nei confronti della patria, dell’idea, dei camerati della base” (G. Accame, Editoriale, in “Tabula Rasa”, I (1956), 1, pp. 1-5), fu il caposaldo su cui nel 1956 si fondò la rivista “Tabula rasa”, promossa dai giovani Giano Accame, Roberto Melchionda, Cesare Pozzo, Mario Pucci, con Carlo Costamagna quale nume tutelare. I giovani rimproveravano in sostanza ai dirigenti del Partito, ai parlamentari, il rinnegamento della “fecondissima esperienza politica” del Ventennio, dalla quale, a loro parere, era possibile drenare sollecitazioni per un’azione densa di contenuti: “Tutti i partiti hanno cercato di trarre qualche insegnamento dalla lezione di Mussolini”, tanto che nel bagaglio di ciascuno di essi sopravvivevano “volutamente o meno […] talune illuminazioni” di quel periodo storico, mentre “pochissime delle più autentiche e valide istanze interpretate dalla rivoluzione nazionale fra le due guerre mondiali trova oggi nuovo respiro di vita nell’azione politica del Msi” (idem). La funzione della rivista, spiegavano, era proprio quella di denunciare lo stallo delle idee e dell’azione, “una vera critica al sistema, una battaglia su questioni di fondo” che il Partito non era in grado, con i suoi uomini rassegnati, forse - si faceva filtrare – modesti, di portare avanti. Parlando della magmatica eredità del fascismo, “questa enorme contraddizione”, da una parte “l’anima nichilista […] figlia di Nietzsche […]”, mentre “l’altra tendenza volge lo sguardo al passato come a una fonte inesauribile di insegnamento”,  nel periodico Melchionda poteva affermare: “Siamo gente viva, che pretende un suo avvenire e del passato raccoglie quanto più e meglio le aggrada”, allontanandosi dal “tono mediocrissimo nel quale il fascismo post-mussoliniano è scaduto” (R. Melchionda, Nichilismo dell’era atomica, ibidem, pp. 8-10).
Questa era l’inquietudine serpeggiante, espressa con chiarezza, che Melchionda, responsabile della redazione di Milano del periodico, condivideva con molti giovani e che li portò poco dopo ad allontanarsi dal Partito.
Nelle prime settimane del 1957 Melchionda si recò in Spagna con il collega Enrico Fiorini per una serie di articoli sulla Falange e sulla vita quotidiana sotto il governo franchista. Nella loro permanenza nel paese iberico ebbero contatti tra gli altri con Leo Negrelli, desideroso di divenire corrispondente da Madrid de “Il Popolo italiano”, di “Cronaca italiana”, del “Candido”, e con Arturo Degli Agostini, che li informava sulla situazione dei fascisti italiani rifugiati in Spagna.
Nello stesso 1957 collaborò per qualche tempo con il Movimento Poujade attraverso la fornitura di ritagli della stampa italiana relativi al Movimento stesso.
Quella che, ancor più dopo l’avvento di Arturo Michelini alla Segreteria del Msi, gli appariva un’involuzione e quasi un tradimento del pensiero politico-ideologico cui il Partito avrebbe dovuto ispirarsi, unita alle preoccupazioni del proprio futuro sul piano economico, lo indussero ad accettare, nel gennaio 1958, dietro indicazione dell’amico Accame, l’impiego di capo ufficio stampa e studi dell’Associazione degli industriali della provincia di Firenze, che comprendeva la direzione dell’organo dell’Associazione, “Industria toscana”.
Nonostante l’occupazione a tempo pieno e di una qual certa responsabilità, non interruppe mai lo studio della filosofia di Julius Evola, studio insolito proprio perché volto all’esplorazione del versante filosofico del pensatore tradizionalista, una rarità tra i suoi cultori, che hanno approfondito altri aspetti, soprattutto esoterici, oppure quelli artistici, o ancora la sua concezione aristocratica, mentre poco considerata era proprio la sua filosofia. Ѐ stato scritto che Evola dedicò a essa un breve periodo della propria vita, ma – si è osservato – tutta la sua produzione intellettuale si svolge attraverso il “filo rosso” di una metafilosofia (M. Veneziani, Premessa a La folgore di Apollo, a cura di R. Gordini, Cantagalli, Siena 2015, p. 12), quella percorsa da Melchionda in tanti scritti, che lo portarono a misurarsi inoltre con la filosofia otto-novecentesca, da Hegel a Del Noce, da Gentile a Nolte, passando per Jünger e Nietzsche, oltre alla filosofia orientale.
L’assunzione della responsabilità aziendale a Firenze, dove dovette trasferirsi, diede modo a Melchionda di irrorare di contenuti culturali la rivista da lui diretta, e di cimentarsi in uno scritto anch’esso pur sempre “aziendale” - pubblicato nella spadoliniana collana “Quaderni di storia” di Le Monnier - ma ricoperto di osservazioni aliene dall’agiografia e sorretto da documentazione solida, come apprezzò il recensore Raffaele Colapietra (“Libri e periodici”, recensione a Roberto Melchionda, Firenze industriale nei suoi incerti albori. Le origini dell'asso­ciazionismo imprenditoriale cento anni fa: esplorazioni e materiali, Firenze, Le Monnier, 1988, pp. IX-452, in “Rassegna storica del Risorgimento”, LXXVI (1989), pp. 539-540).
Quasi in contemporanea con l’inizio della nuova occupazione, nella prima metà del 1958, Melchionda ricevette una lettera da Julius Evola - conosciuto ai tempi del “processo ai Far” - che lo invitava a collaborare alla seconda serie di “Ordine nuovo”, il periodico del gruppo di Rauti appena uscito dal Msi, cui serviva “collaborazione qualificata” (serie 2., ss. 2., b. 3, fasc. 25, doc. 1). Nell’accettare, Melchionda faceva presente la sua posizione lavorativa che gli impediva de iure et de facto la collaborazione a pubblicazioni con connotazione politica, chiedendo di potervi partecipare in modo non individuabile.
Nel 1960 Melchionda partecipò alla costruzione e all’attività dei Centri per l’ordine civile. I Centri furono ideati da Gianni Baget Bozzo in seguito alla virata verso sinistra della Democrazia cristiana che sconfessò il governo Tambroni, dopo l’autorizzazione concessa al Msi circa lo svolgimento del proprio Congresso nella città di Genova. Come noto, il fatto diede luogo a violente manifestazioni non solo nella città ligure, fomentate dal Partito comunista italiano, autore di una campagna dai toni aggressivi che stigmatizzava la scelta di Genova, città medaglia d’oro della Resistenza. L’assecondare da parte della Dc la fortissima pressione comunista, che strumentalizzò la vicenda, parve a molti settori cattolici un segnale preoccupante: “E finiva l’anticomunismo democristiano”, annotò Baget Bozzo nella sua autobiografia del 1997 (Consacrato alla politica, in “Panorama”, 19 giugno 1997, ripubblicata in “Il Foglio”, 11 maggio 2009, https://www.ilfoglio.it/articoli/2009/05/11/news/consacrato-alla-politica-70127/), ricordando quei momenti nei quali decise la fondazione di un movimento di opposizione alla svolta governativa. I Centri furono articolati in sezioni provinciali. A Firenze il gruppo di lavoro per il reperimento dei personaggi incaricati di condurre la campagna contro l’apertura a sinistra fu composto da due iscritti al Msi, un terzo personaggio proveniente dal Partito monarchico, e un appartenente ad ambienti cattolici di Destra. Essi “saranno consigliati nei primi movimenti da Roberto Melchionda”, come è indicato in un appunto manoscritto contenuto nel fascicolo dell’archivio intitolato ai Centri (serie 5., b. 4, fasc. 41). In qualità di segretario dei Centri per l’ordine civile, il 12 gennaio 1961 Baget Bozzo lo pregò formalmente di entrare nel Comitato promotore e di divenire il rappresentante del Comitato promotore per la Toscana. Il sostanziale fallimento dell’esperienza dei Centri, che Giano Accame, anch’egli coinvolto, aveva previsto già nello stesso 1961, causato dall’abbandono da parte della Chiesa dell’appoggio all’operazione voluta da Baget Bozzo, che si concluse già nel 1962 con l’VIII Congresso della Dc, riportò Melchionda interamente al suo lavoro, che peraltro non aveva mai abbandonato.
L’occasione per tornare a occuparsi attivamente di politica, sia pure dietro le quinte, fu lo svolgersi della situazione italiana con l’emergere sempre più chiaro della strategia democristiana di centro-sinistra. Alcuni settori dello spettro politico-parlamentare, ma anche extraparlamentare, in particolare dei partiti laici minori, allarmati dalla prospettiva dell’allargamento a sinistra della linea governativa e del loro sostanziale esautoramento, presero alcune iniziative. Tra queste ebbe una certa risonanza, per la statura del personaggio, la fondazione dell’Unione democratica per la Nuova repubblica (UDNR) di Randolfo Pacciardi, sostenitore sotto il profilo costituzionale del presidenzialismo e grande avversario della partitocrazia, che vedeva ormai minacciare il sistema politico italiano. L’UDNR attrasse alcune figure della Destra, in particolare di quel mondo della ex corrente “giovanile” del Msi, per il suo presidenzialismo programmatico (“istituire il sistema democratico presidenziale e garantista”: Punto politico II del programma dell’UDNR, in serie 5., b. 4, fasc. 42, doc. 1), ma anche per “1° la gravità della situazione economica che dovrebbe ulteriormente peggiorare; 2° una diffusa sfiducia nei confronti dei partiti e del regime in genere (affiorante nell’“opinione pubblica” anche moderata soltanto ora); […] 5° l’asserito coraggio di quest’uomo deciso a passare il Rubicone; […] 7° il carattere assolutamente non antifascista del movimento che si presenta come il frutto delle esperienze fatte durante l’ultimo ventennio e che considera la polemica antifascista artificiosa e non più di attualità: ciò può consentire l’adesione sia di ex antifascisti che di fascisti […]”: l’esposizione di Melchionda a Lorenzo Ribotta delle ragioni dell’adesione convinta di Giano Accame e Fabio De Felice all’UDNR (serie 5., b. 4, fasc. 42, doc. 6) valeva probabilmente anche per sé, giacché in qualche modo egli partecipò ad alcune iniziative dell’Unione, convinto com’era che sarebbe stato “molto probabile l’instaurarsi a più o meno breve scadenza di un rigido regime cristiano-comunista, nel quale a noi sarà ancora più difficile vivere politicamente e forse anche professionalmente” (idem). Mentre l’amico Accame, assunta la segreteria nazionale dell’UDNR e la direzione dei suoi organi di stampa, prima “Folla”, poi  “Nuova Repubblica”, era sempre più conquistato dal movimento di Pacciardi (che tramonterà alla fine degli anni Sessanta), Melchionda concluse l’esperienza rapidamente.
“Le mando, per quello che Le può interessare, una rivista di stampo papiniano che esce a Firenze”: così, nel luglio 1966, Melchionda presentava a Evola “Totalità”, il quindicinale che aveva contribuito a fondare con Barna Occhini e Sigfrido Bartolini, per proporgli la collaborazione (serie 2., ss. 2., b. 3, fasc. 25, 5 luglio 1966, doc. 3). Ambiziosa (“sollecitare lo spirito nazionale e altresì lo spirito sopranazionale”, B. Occhini, 25 aprile 1966), scanzonata (“un po’ alla fiorentina e alla papiniana”, giudicava Evola), provocatoria (se “per raccogliere, unire, fondere e potenziare tutte le volontà e le capacità di una nazione, […] ben venga il regime totalitario”, B. Occhini, 10 dicembre 1967), la rivista visse due anni, e di essa Melchionda fu redattore “serio, e fa ottime recensioni”, “ma lavora poco”, aggiungeva Bartolini, che, per parte sua, contribuì con decine di xilografie (S. Bartolini, Roberto Melchionda, la passione per la filosofia, in “Totalità.it”, novembre 2020).
Lo studio della filosofia di Evola portò Melchionda alla compilazione di un volume di cui probabilmente mise a parte il pensatore nell’aprile 1974, pochi mesi prima della sua morte, avvenuta a giugno. Il volume (“dai dichiarati intenti espositivi e non critici”: F. Tomatis, Filosofia, recensione a Roberto Melchionda, Il volto di Dioniso. Filosofia e arte in Julius Evola, Basaia editore, Roma 1984, in “Diorama letterario”, V (1984), n. 77, pp. 16-17) ebbe ad oggetto, più precisamente, il motivo centrale della filosofia evoliana, cioè il superamento della filosofia stessa e del pensiero critico. Esaminata la filosofia di Evola secondo l’ottica di un cammino di autorealizzazione, volle anche sottoporre a vaglio il concetto marxiano di prassi alla luce del concetto di attività proprio del pensiero evoliano. Dopo la scomparsa di Evola, Melchionda riprese in mano lo scritto per aggiornarlo dal punto di vista bibliografico e nello stesso tempo per andare incontro ad alcune richieste dell’editore Volpe (serie 2., ss. 2., b. 2, fasc. 26). Ma l’accordo non si concluse e Melchionda iniziò la ricerca di una casa editrice ove collocare quello che al momento era uno dei pochissimi contributi allo studio della filosofia evoliana. Il volume fu pubblicato solo nel 1984 con la casa editrice Basaia, attiva, con il suo catalogo di opere esoteriche, tra il 1981 e il 1989.
Nel frattempo era nata la Fondazione Julius Evola, ad opera di alcuni suoi seguaci tra cui Paolo Andriani, che ne divenne il presidente. L’adesione, scontata – si direbbe –, di Melchionda (e di Sigfrido Bartolini) fu fattiva in particolare quando la Fondazione progettò di dar vita a un periodico, sorta di organo sociale, “Cinabro”, pensato come quadrimestrale. La sua gestazione ebbe “il sostegno e la collaborazione di un gruppo di docenti universitari (Filippani Ronconi, Cardini, Caucci von Saucken e altri) e di altri studiosi e scrittori” (ibidem, lettera a “Illustre professore” (Emilio Servadio), 9 maggio 1978, minuta, doc. 72). "Esso

non potrà essere né una rivista di sola polemica né una pubblicazione bibliografica. La sua ambizione è quella di intrattenersi su Evola e sui temi affrontati da Evola con tratto, direi, scientifico, in modo, tra l’altro, da farsi possibilmente prendere in considerazione anche da ambienti culturali estranei al nostro mondo",

scriveva Melchionda a un potenziale collaboratore della rivista nel maggio 1978 (ibidem, lettera a “Gentile professore” (Giovanni Conti), 16 maggio 1978, minuta, doc. 76).
La mancata attuazione del progetto non allontanò Melchionda dallo studio di Evola, che anzi approfondì attraverso saggi, articoli e prefazioni o postfazioni a ristampa di opere evoliane e di questo ebbe modo di discutere tra gli altri con il filosofo e politologo Gian Franco Lami, pur partendo da posizioni distanti, in un confronto serrato e non privo di influssi reciproci (serie 2., ss. 2., b. 3, fasc. 31).
Benché oramai lontano, e da tempo, dalla politica, nel 1990 Melchionda fu nominato componente del Consiglio nazionale del lavoro (Cnl), organo del Partito, per la sezione Industria, dal segretario del Msi-Dn Pino Rauti, suo vecchio amico. Si ha motivo di ritenere che a simile nomina siano seguite le obiezioni di Melchionda, giacché una successiva comunicazione del presidente del Cnl Raffaele Valensise lo assegnò alla sezione Cultura (serie 2., ss. 1., b. 2, fasc. 22, docc. 23-24). Non risulta un seguito di simile nomina.
Tra il 1989 e il 1991, nel periodo in cui l’amico Accame fu direttore de “Il Secolo d’Italia”, vi collaborò con argomenti di politica culturale. Qualche suo articolo comparve anche negli anni successivi.
Contribuì al periodico “Storia Verità” dai primi numeri (1991).

Del 2009 è Scritti per vocazione, per la cura di F. G. Freda, pubblicato con le padovane Edizioni di Ar. Nel 2015 è uscito La folgore di Apollo. Scritti sull’opera di Julius Evola, a cura di Rodolfo Gordini, Cantagalli, Siena, dove sono riuniti i saggi di Melchionda sul pensatore tradizionalista.

Ѐ morto a Sovere (Bergamo) il 20 ottobre 2020.
Alessandra Cavaterra

Storia archivistica
Ciò che dell'archivio Melchionda è stato versato alla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice potrebbe non essere la produzione esaustiva del soggetto produttore.
La documentazione giunta con la primitiva donazione, nel 2019, a opera dello stesso soggetto produttore, in parte carte sciolte, era contenuta in sette cartelline, alcune provviste di titolo, tra cui Corrispondenza ‘politica’ anni ‘50 e Politica e altre […] ‘50, contenenti in massima parte corrispondenza. Un accurato esame del contenuto di queste ultime ha consentito di accertare che si trattava di veri e propri fascicoli, assai probabilmente così creati dal soggetto produttore durante una risistemazione delle proprie carte. Tale riorganizzazione, che ha dato vita alla serie 1. Militanza nel Movimento sociale italiano, è stata qui di massima mantenuta, anche se si è proceduto, in primis, a distinguere le tipologie documentarie e a istituire un ordine cronologico, giacché le carte erano confuse fra loro senza criterio. Si sono quindi realizzati fascicoli di corrispondenza, al loro interno divisi in sottofascicoli, ciascuno intitolato a un anno solare, che contengono la maggior parte della documentazione presente originariamente nei fascicoli, e istituendo, nell'ambito della stessa serie, ma in una sottoserie apposita, unità archivistiche con documenti differenti dalla corrispondenza, peraltro di poca consistenza.
Altre tre cartelline contenevano ancora lettere e minute di lettere, conservate senza criterio, compreso il più banale, quello cronologico. E' stato dunque necessario creare la serie 2. Corrispondenza, nonché, in questa ripartizione, tanti fascicoli quanti sono gli anni delle missive. In una delle tre cartelline menzionate erano presenti incartamenti provvisti di titolo che si sono subito rivelati essere brevi epistolari, ora inseriti quali unità archivistiche autonome nella sottoserie 2. Carteggi della serie 2. Corrispondenza.
Ancora, un altro fascicolo riportava sulla cartellina un titolo, in realtà un insieme di titoli affastellati, “Articoli”, “Evidenza”, “anni ‘50”, segno chiaro di utilizzo plurimo della cartellina e dunque di risistemazione a posteriori della documentazione. In simile fascicolo erano racchiusi i manoscritti degli articoli scritti da Melchionda durante gli anni della collaborazione a giornali e riviste grosso modo dell’area della Destra. Con questi articoli si sono creati tre distinti fascicoli, ove sono stati ricondotti gli articoli datati o databili, quelli non datati e di difficile accertamento cronologico, gli articoli redatti nel periodo di permanenza in Spagna nel gennaio-febbraio 1957. Altre carte sciolte o disposte in fascicoli in modo confuso sono state ricondotte a serie diverse.
Dopo il primo riordinamento con la relativa inventariazione sono giunti presso la Fondazione altri due versamenti a cura della famiglia, in momenti successivi alla scomparsa di Melchionda avvenuta nell’ottobre 2020. I versamenti  hanno riguardato per lo più scritti del soggetto produttore, il cui riordinamento è esposto nella relativa partizione documentaria. Altri fascicoli sono stati ricondotti alla sottoserie 2. Carteggi della serie 2. Corrispondenza, mentre alcune lettere sciolte hanno trovato allocazione in unità archivistiche già esistenti, nell’ambito della sottoserie 1. Fascicoli disposti in ordine cronologico della medesima serie 2. Corrispondenza. Inoltre è stata istituita la serie 6. Dossier per ospitare un solo fascicolo, costituito da un insieme di documentazione tipologicamente varia avente ad oggetto un volume di Giorgio Bocca e l’attività di questi.
Nell'intero complesso sono state dunque individuate sette serie documentarie: serie 1. Militanza nel Movimento sociale italiano, divisa nelle sottoserie 1. Corrispondenza e 2. Attività nel Movimento sociale italiano; serie 2. Corrispondenza, con le sottoserie 1. Fascicoli disposti in ordine cronologico e 2. Carteggi; serie 3. Scritti; serie 4. Scritti di terzi; serie 5. Rapporti con altri gruppi e associazioni; serie 6. Dossier; serie 7. Documentazione di natura personale.
Complessivamente il fondo consta di 62 unità archivistiche.
L'archivio è stato dichiarato di interesse storico particolarmente importante dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio del Ministero della cultura il 24 gennaio 2023.
Modalità di acquisizione
L'archivio è stato donato alla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice dal soggetto produttore il 26 gennaio 2019. Due ulteriori acquisizioni si sono avute dopo la sua scomparsa, avvenuta nell’ottobre 2020.
Contenuto
Le vicende dei giovani protagonisti di alcune "correnti" del Movimento sociale italiano negli anni Cinquanta del secolo scorso sono molto ben raccontate dalla documentazione prodotta da Roberto Melchionda. Queste vicende portarono i giovani ad assumere il ruolo di sprone del partito della Destra e porre la cultura al centro dell'azione politica, attraverso la creazione di riviste, di centri di studi, promuovendo riunioni, incontri, dibattiti, producendo una varia pubblicistica con il portato di certe idee in contrapposizione alle posizioni moderate che soprattutto con la segreteria Michelini il Msi assunse come proprie.
Altro motivo di interesse è costituito dalla raccolta degli articoli di Melchionda degli anni Cinquanta, ove quelli politici sono parte non irrisoria, così come quelli di natura culturale.
Nella corrispondenza, di assoluto rilievo è il carteggio con Julius Evola, di cui sono state pubblicate le lettere del filosofo, ma non le minute delle missive inviate da Melchionda al pensatore. Rilevante anche l'epistolario con Gian Franco Lami, edito anch'esso, benché non nella sua interezza: nel fascicolo relativo si trovano infatti molte versioni di varie minute che nella pubblicazione non hanno visto la luce.
Strumenti di ricerca
Inventario a cura di Alessandra Cavaterra.
Struttura
Serie 1. Militanza nel Movimento sociale italiano
            Sottoserie 1. Corrispondenza
            Sottoserie 2. Attività nel Movimento sociale italiano
Serie 2. Corrispondenza
            Sottoserie 1. Fascicoli disposti in ordine cronologico
            Sottoserie 2. Carteggi
Serie 3. Scritti
Serie 4. Scritti di terzi
Serie 5. Rapporti con altri gruppi e associazioni
Serie 6. Dossier
Serie 7. Documentazione di natura personale
Descrittori
Neofascismo,Destra politica,Filosofia,Postfascismo,Giornalismo,Repubblica sociale italiana
Numerazione
Numero:
20
Consultabilità
Ai sensi dell’art. 127, co. 3, del Codice dei beni culturali e del paesaggio, la consultazione dell’archivio prevede l’assunzione dell’obbligo, da parte dello studioso, di osservare il “Codice di deontologia e di buona condotta per i trattamenti di dati personali per scopi storici”.
Fonti collegate
Archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, fondo Giano Accame, serie 3. Corrispondenza, b. 66, fasc. 521.
Bibliografia

S. Pessot, P. Vassallo, I figli del sole, Novantico editrice, Pinerolo 2021, pp. 95-99
G. Sessa, Libri. “La folgore di Apollo”: gli scritti di Melchionda sul filosofo Evola, in "Barbadillo.it", 8 marzo 2016
P. Siena, Evola e Gentile. Due filosofi colpiti dalla folgore di Apollo, in "Barbadillo.it", 22 aprile 2016
L. Gallesi, L'«altro» Evola fra Zolla, Moravia e i guénoniani, “Il Giornale”, 24 Giugno 2016
G. Damiano, Addio a Roberto Melchionda, uno dei più importanti studiosi di Evola, in “Il Primato nazionale”, 21 ottobre 2020

20.10.20: è andato oltre Roberto Melchionda, un "Figlio del Sole", in "fascinAzione.info", 22 ottobre 2020

La scomparsa di Roberto Melchionda, in fondazionejuliusevola.it, 21 ottobre 2020
S. Bartolini, Roberto Melchionda, la passione per la filosofia, in “Totalità.it”, novembre 2020

Note
Si ringrazia Rodolfo Gordini per la collaborazione nell'individuazione di personaggi ed eventi.

Relazioni

Soggetto produttoreMelchionda, Roberto
Fondo di appartenenzaMelchionda Roberto

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Serie | 1951-2008CorrispondenzaFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
Serie | 1950 - 2001ScrittiFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
Serie | [1952-1953]Scritti di terziFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
Serie | 1967 - 1994DossierFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
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