Lazio'900
Dinale Neos
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Fondo
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Tipologia
Fondo
Data
Data:
1896-1990
Consistenza
Consistenza (testo libero):
4 buste
Consistenza (testo libero):
38 fascicoli
Consistenza (testo libero):
129 documenti descritti singolarmente
Storia istituzionale/Biografia

Neos Dinale, terzogenito del sindacalista rivoluzionario, poi prefetto fascista, Ottavio e di Marcella Vendramin, nacque il 26 dicembre 1901 a Mirandola in provincia di Modena, dove la famiglia si era trasferita in seguito alla chiamata del padre presso il locale ginnasio. Con la madre e la sorella Leuzira, di tre anni più grande di lui (la primogenita morì prematuramente), tra il 1906 e il 1911 seguì il padre nelle peregrinazioni in terra straniera - Svizzera, Francia – causate dalle numerose condanne penali riportate da Ottavio per la sua attività di agitatore socialista e organizzatore di scioperi.

Scoppiata la guerra mondiale, alla quale Ottavio, pur se ultraquarantenne, partecipò come interventista/intervenuto, e lette avidamente le lettere paterne dal fronte inneggianti alla vittoria sul prussianesimo e alla redenzione delle terre italiane soggette all’Austria, Neos si arruolò volontario appena compiuti i sedici anni, il 26 dicembre 1917. Sei mesi dopo, scoperta la troppo giovane età, fu rimandato a casa, ma il dispiacere per simile provvedimento fu tale che il padre si rivolse direttamente al sovrano chiedendo il reintegro. Nel luglio 1918 Neos fu accontentato e gli fu conferito il grado di aspirante di fanteria, con il quale partì per il fronte. Partecipò alla battaglia di Vittorio Veneto riportando la Croce di guerra al valore per il comportamento durante il passaggio del Piave, la presa di Valdobbiadene e la conquista del monte Cesen (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fasc. 32, memoria difensiva preparata dall’avvocato di Neos Dinale dopo la sua cattura nel luglio 1945).

Le irrisioni, le offese e le violenze socialiste del dopoguerra contro i reduci lo portarono all’adesione allo squadrismo, che abbandonò quando la lotta si fece aspra e aggressiva.

Poco dopo i venti anni, benché educato all’agnosticismo, giunse alla conversione al cattolicesimo attraverso la catechesi di padre Giovanni Genocchi (cfr. V. Ceresi, Leuzira. Sacrificio e apostolato, Libreria editrice Coletti, Roma 19413, p. 13).

Partì con il padre alla volta del Sud America nell’ottobre 1922. Ottavio Dinale aveva ricevuto l’incarico da parte del partito nazionale fascista, cui si era avvicinato poco prima rinverdendo l’antica amicizia con Mussolini, di esplorare le possibilità di colonizzazione di terre argentine ove convogliare la manodopera italiana. Neos Dinale fu valido segretario: a quel tempo risale una delle sue prime prove giornalistiche, Le linee del Fascismo in Argentina, pubblicato su un periodico locale in lingua italiana (fondo Ottavio Dinale, serie 2. Attività istituzionale, sottoserie 2. In Sudamerica, b. 3, fasc. 15). Rientrato il padre temporaneamente in Italia nel maggio 1923, Neos rimase solo, sorta di iniziazione alla vita adulta: benché non si sia in grado di precisare l’attività di Neos Dinale nel periodo fino all’autunno 1923, quando rientrò in Italia, si può asserire che ebbe stretti contatti con le comunità italiane in Argentina. Fece parte della Federazione generale delle Società italiane nella Repubblica argentina quale delegato della Società italiana XX settembre di Neuquen e collaborò ancora alla stampa italiana locale (serie Periodo sudamericano, b. 1, fasc. 8).

Tornato in Italia nel 1924, fu assunto dall’Ufficio stampa del capo del governo, ove fu prima vice capo, poi capo della sezione Interni; intorno al 1930, come dimostra un appunto manoscritto conservato nel suo archivio, suggerì l’istituzione di una sezione Propaganda, abbozzandone l’organizzazione (serie Ufficio stampa del capo del governo e Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda, b. 2, fasc. 6).

Nel 1926 si unì in matrimonio con Wanda Dinale, sua cugina di primo grado, figlia del fratello di Ottavio, Benvenuto. Dall’unione nacquero tre figli, Franco (1928), Ottavio (1931), Carlo (1940).

Quando l’Ufficio stampa del capo del governo si trasformò in Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda (r. d. 6 settembre 1934, n. 1434), della cui progettazione fu incaricato, Dinale, nominato prefetto, ne divenne Direttore generale per la stampa italiana:

 

La Direzione generale della Stampa italiana unitamente a quella per la Stampa estera costituisce il vecchio nucleo dell’Ufficio stampa del capo del governo [e ne] ha conservato il compito di essere centro normativo, moderatore, propulsore e coordinatore insieme di tutte le attività […]. Necessariamente quindi […] viene a seguire tutte le attività di pensiero della Nazione […] (serie Ufficio stampa del capo del governo e Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda, b. 2, fasc. 14).

 

Sembra che in questa veste Dinale si prodigasse nell’aiuto ai giornalisti non fascisti e antifascisti, procurando loro un’occupazione (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fasc. 32, memoria difensiva preparata dall’avvocato di Neos Dinale dopo la sua cattura nel luglio 1945). Fu forse per la sua azione di premura verso costoro che Dinale entrò in conflitto con il Sottosegretario alla Stampa Galeazzo Ciano, così come asserito nella memoria difensiva citata. Lasciò dunque il Sottosegretariato e il 25 luglio 1935 fu investito della responsabilità della Prefettura di Macerata, dove rimase due anni, per essere poi trasferito a Savona. Nella città ligure il servizio fu più lungo, e coprì anche i primi anni di guerra (1° luglio 1937 - 20 febbraio 1943): parrebbe che nelle diverse località in cui svolse l’attività prefettizia fosse sempre apprezzato per la vicinanza alla popolazione. In più, per il suo comportamento durante i numerosi bombardamenti cui Savona fu sottoposta durante la guerra, a Dinale fu riconosciuta una medaglia al valor civile.

Intanto, nel 1940, era morta la sorella Leuzira, per un male incurabile che scosse fortemente tutti i familiari.

            La destinazione successiva di Neos Dinale fu quella di Vicenza e si concluse, sotto il Regno d’Italia, rapidamente: con la caduta del fascismo e l’avvento del governo Badoglio il 1° agosto 1943 egli fu collocato a riposo per ragioni di servizio, giacché tale governo si sbarazzò di tutti i prefetti nominati dal precedente. Il suo posto fu occupato dal vice prefetto Pio Gloria. Il 18 settembre 1943 Dinale ricevette l’invito a tornare alla guida della provincia di Vicenza da parte del Federale del neonato Partito fascista repubblicano di quella città, Bruno Mazzaggio, in ottemperanza alla disposizione di Mussolini per cui le autorità fasciste decadute dalla carica per ordine del governo Badoglio dovevano riprendere il proprio posto. Nel verbale dell’incontro tra Dinale e Gloria, voluto da quest’ultimo, sottoscritto da testimoni e dallo stesso Dinale, Gloria dichiarava che “quale funzionario dello Stato, legalmente investito del mio ufficio non posso e non intendo abbandonare l’ufficio stesso”, mentre Dinale gli faceva presente di non poter venir meno a un preciso ordine del duce, essendo inoltre, in quanto prefetto, “mobilitato civile” e perciò impossibilitato a sottrarsi all’obbligo (serie Attività prefettizia, sottoserie Prefettura di Vicenza, b. 3, fasc. 27, sfasc. 1; “Il 20 settembre 1943 le autorità militari tedesche destituirono il dott. Gloria e nominarono reggente il prefetto a riposo rag. Dinale; dopo la sua costituzione il governo della RSI collocò a disposizione il dottor Gloria e confermò nella carica il rag. Dinale”: M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d'Italia, Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma 19893, p. 628).

Rientrato così in possesso delle sue funzioni, Dinale affrontò la situazione emergenziale in vario modo. Sicure sono le attestazioni di gratitudine per la condotta improntata a vicinanza e talvolta abnegazione verso la popolazione (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fascc. 27 e 32, quest’ultimo con le testimonianze rese al processo). In un messaggio al Comando militare germanico, vergato non appena riprese in pieno l’attività, Dinale rappresentava la situazione della provincia sottolineando come l’occupazione tedesca fosse “mal sopportata dalla popolazione come non può non esserla ogni occupazione straniera” e auspicava che “il Grande Reich germanico possa e voglia riconoscere praticamente l’Italia come alleata e agire di conseguenza per quello che riguarda l’occupazione militare” (serie Attività prefettizia, sottoserie Prefettura di Vicenza, b. 3, fasc. 28).

La vera difficoltà che incontrò riguardò l’attuazione della normativa relativa agli ebrei, verso cui pure ebbe una qual certa premura, come dimostra l’interessamento nei confronti della moglie ebrea tedesca di un cittadino italiano per evitarle l’internamento (ibidem, fasc. 29). Ebbe comunque  più volte a richiamare podestà e autorità minori all’osservanza delle norme, che prevedevano fra l’altro speciali autorizzazioni per lo spostamento da Comune a Comune degli ebrei internati, spostamenti che non di rado venivano autorizzati soltanto verbalmente, in contrasto con quanto legiferato.

Nel giugno 1943 comunicò al Ministero dell’interno che

 

Sono internati in provincia circa 600 ebrei stranieri, il cui contegno nel modo di vita e dal punto di vista politico lascia a desiderare; ho dato severissime disposizioni in materia, ma certamente questi ebrei rappresentano dei centri infettivi per cui sarebbe desiderabile il loro raggruppamento in campi di concentramento (ACS, MI, PS, Massime M4, b. 149, fasc. 18 “Località d'internamento”, fasc. “Vicenza”, Ministero dell’interno, Gabinetto del ministro, Relazioni politiche mensili, “Estratto del rapporto del Prefetto di Vicenza in data del 1° giugno 1943-XXI, n° 676, avente per oggetto: “Situazione politica – Relazione mese di maggio”, cit. in M. Stefanori, “Ordinaria Amministrazione”: i campi di concentramento per Ebrei nella Repubblica sociale italiana, tesi di dottorato, Università degli studi della Tuscia, Dipartimento di storie e culture del testo e del documento, Viterbo, s.d.).

 

Si trovò inoltre a districarsi tra ordini antitetici, per cui un’autorità, quella italiana, stabiliva certe regole per l’internamento e la deportazione, mentre l’altra autorità, la germanica, ne emanava di più stringenti (cfr. Il campo di concentramento di Tonezza del Cimone. Gli internati, http://www.dalrifugioallinganno.it/tonezza_int.htm). In una particolare occasione, dopo lunghe trattative con alti ufficiali tedeschi, Dinale dovette cedere a questi e consegnò loro gli ebrei presenti nel comune di Tonezza, che furono tradotti a Verona e portati alla stazione dove si stava completando il convoglio n. 6 per Auschwitz. Vero è che, in una testimonianza resa dal suo ex capo di gabinetto durante il processo per collaborazionismo, questi spiegò che il trasferimento degli ebrei ebbe luogo nonostante la formale assicurazione contraria del Comandante del Comando militare germanico di Verona, il Consigliere capo tedesco von Stein (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fasc. 32). Numerose altre testimonianze rese durante il processo da cittadini della provincia e da molti funzionari della Prefettura documentano la ferrea azione di Dinale volta a impedire prevaricazioni e violenze nella zona a lui affidata, bloccando rappresaglie e uccisioni per vendetta (ibidem, sfasc. 1).

Gli fu necessario anche fronteggiare gli elementi estremisti del Partito fascista repubblicano. Al suo arrivo a Vicenza il federale del Pfr era Bruno Mazzaggio, considerato un debole dagli elementi più esagitati del fascismo vicentino, che mossero guerra anche a Dinale, persuaso a sua volta della necessità di imprimere un ritmo il più possibile sereno, considerate le circostanze, alla vita degli abitanti della provincia. Intervenne quindi in modo energico nei confronti di Giovanni Battista Caneva, commissario federale di Vicenza del Pfr, che era stato tra gli autori della recrudescenza degli arresti illegittimi e delle violenze nella zona, non rispettando l’ordine di scioglimento della cosiddetta “Polizia federale”, in seguito all’assassinio dello zio, Alfonso Caneva, da parte di un gruppo di partigiani:

 

Debbo avvertirti che ho dato disposizioni al Questore e alla Guardia nazionale repubblicana di fermare chiunque proceda ad arresti illegittimi. Non possono nemmeno essere tollerati atti di violenza come quelli che sono stati esercitati in questi giorni a danno delle popolazioni di alcuni paesi (serie Attività prefettizia, sottoserie Prefettura di Vicenza, b. 3, fasc. 30, lettera di Dinale a Caneva del 12 febbraio 1944, minuta).

 

Ripetute furono le denunce del capo della provincia al ministro dell’interno, al capo della polizia, al questore di Vicenza, ma nessuno “provvide né rispose” (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fasc. 32, memoria difensiva del 1945 cit.), tanto che il 29 marzo 1944 si recò dallo stesso Mussolini per rappresentargli la situazione, aggravata dalla sostituzione del Mazzaggio proprio con Caneva. La citata memoria difensiva riferisce di “elementi estremisti” del Pfr che lo giudicavano “un debole perché era giusto” e dell’organizzazione di una “spedizione armata per sostituirlo con la violenza”.

Un appunto anonimo e senza data conservato nell’archivio, sorta di verbale di “una riunione recentissima” tra il federale Caneva, il vice federale, alcuni fiduciari di Gruppi rionali, riporta che “è stata disapprovata l’opera del prefetto, dimostrandosi questo poco energico e poco confacente alle necessità dell’ora presente, non prendendo posizione precisa ed energici Robesperiani [sic] provvedimenti. Auspicano una sua prossima sostituzione” (serie Attività prefettizia, sottoserie Prefettura di Vicenza, b. 3, fasc. 30, verbale s.d.). In data 12 maggio 1944 Dinale fu collocato a disposizione, “pubblicamente accusato di debolezza di fronte agli antifascisti e di colposa incomprensione per il suo atteggiamento di resistenza e di sabotaggio nei riguardi dei tedeschi” (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fasc. 32, memoria difensiva del 1945 cit.). Tale animosità può essere spiegata tra l’altro con l’azione di Dinale volta a contrastare la ferocia posta in essere nelle rappresaglie dovute alle attività partigiane, rappresaglie che egli evitò più volte.

Dopo la sua destituzione Neos Dinale si trasferì a Pai di Torri del Benaco, in provincia di Verona, con la famiglia, astenendosi da qualsiasi attività politica.

Nell’agosto 1944 furono rapiti dai partigiani della zona il figlio sedicenne di Dinale, Franco, e la nipote Vera, di 13 anni, figlia della sorella Leuzira. Dinale si mise subito in cerca dei ragazzi e di qualche emissario in grado di porlo in contatto con i rapitori. Incontrò il comandante “Gianni” (Gian Pietro Marini), con il quale si fermò a colloquio, dichiarando di essere disposto a offrirsi loro prigioniero in cambio del rilascio del figlio e della nipote. Dal Marini seppe che il rapimento era dovuto a “motivi occasionali” e non a una decisione premeditata; inoltre, a questi era noto, grazie ai racconti di partigiani vicentini, il comportamento di Dinale durante l’ufficio di capo della provincia, considerato leale al punto che il rilascio avvenne senza conseguenze per il negoziatore.

Dopo il maggio 1944 Mussolini lo chiamò a Gargnano per affidargli l’incarico di redigere un “libro bianco” su La preparazione e realizzazione della conquista dell’Impero etiopico; a tal fine gli furono affidati 426 fascicoli e un blocco di telegrammi: i fascicoli contenevano documenti ufficiali – autografi o copie – di Vittorio Emanuele III, di Mussolini, di altre personalità, relativi all’impresa etiopica. Terminata la guerra, Dinale si recò al Comune di Torri del Benaco onde ottenere un salvacondotto per raggiungere la Prefettura di Verona dove consegnare la documentazione affinché fosse versata all’Archivio di Stato di quella città. Dopo un paio di giorni Dinale venne raggiunto nella propria abitazione da Gian Pietro Marini, che si autodefinì Questore politico di Verona e prese in custodia la documentazione, garantendo personalmente il versamento in Archivio di Stato (ibidem, serie Corrispondenza, b. 1, fasc. 5, copia di dichiarazione a firma Gian Pietro Marini, “responsabile dell’Ufficio investigativo del C.L.N.P. di Verona”).

Sembra accertato che fino alla fine della guerra, sebbene senza cariche o uffici, Dinale sia intervenuto, dove poté, per evitare eccessi e sostenere la popolazione con la propria competenza.

Nel maggio 1945 egli ritenne opportuno presentarsi alla Polizia partigiana di Verona, che, dopo averlo interrogato, non provvide al fermo e lo lasciò libero. Dopo circa venti giorni fu invece arrestato e - scriveva la moglie Wanda il 14 giugno al Comando della Polizia militare alleata - “quantunque non vi sia denuncia alcuna a suo carico né da parte degli organi competenti di Vicenza né di Verona egli trovasi ancora in stato di arresto” (serie Attività prefettizia, sottoserie Processo per collaborazionismo, b. 3, fasc. 32, lettera di Wanda Dinale al Comando della Polizia militare alleata del 14 giu. 1945). Ma non venne rilasciato.

Processato per collaborazionismo, gli furono comminati 4 anni e cinque mesi, dopo la richiesta di 14 anni da parte del pubblico ministero, e fu ordinata la confisca dei beni dalla Corte d’Assise straordinaria di Vicenza, nonostante le numerose testimonianze a favore dell’imputato, tra cui quella del menzionato Gian Pietro Marini, le quali ricordarono fra l’altro l’episodio che lo vide contrapporsi ai tedeschi durante lo sciopero di Arzignano. Il ricorso in Cassazione, presentato per lui dall’avv. Luigi Mozzi di Vicenza, portò al solo risultato di annullare la sentenza di confisca dei beni.

Neos Dinale si rifiutò di chiedere la grazia (serie Corrispondenza, b. 1, fasc. 1, lettera di Ottavio Dinale a Neos Dinale del 3 giugno 1946, n. 100), pure suggeritagli dai familiari, sicuro delle proprie ragioni. Poté lasciare il carcere con l’amnistia Togliatti.

Nel dopoguerra non si impegnò politicamente in alcun partito o associazione. Si impiegò quale agente di vendita, in seguito divenne dirigente di Finelettrica e di Finmeccanica.

Nel 1967 venne a conoscenza, attraverso Duilio Susmel, dell’irreperibilità, nell’Archivio di Stato di Verona, dei documenti consegnati più di venti anni prima al Marini. Dinale scrisse perciò all’Archivio centrale dello Stato per segnalare la cosa e per suggerire ricerche negli archivi statali dove avrebbero potuto trovarsi. Non si conosce l’esito delle ricerche (serie Corrispondenza, b. 1, fasc. 5).

Morì a Roma il 27 settembre 1994.
Storia archivistica

L’archivio di Neos Dinale, dichiarato di interesse storico particolarmente importante dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica del Lazio del Mibac il 30 gennaio 2007, è giunto presso la Fondazione insieme con quello del padre Ottavio. Il contenuto era raccolto in un faldone con 19 fascicoli, la documentazione riguardante il lavoro presso l’Ufficio stampa del capo del governo e il Sottosegretariato per la stampa e la propaganda, nonché quella relativa all’attività prefettizia; tali fascicoli erano talvolta “incastrati” gli uni negli altri, al punto da apparire ad un primo superficiale sguardo in numero di 7. Un più approfondito esame ha consentito l’estrazione dei vari incartamenti.

La ricognizione dell’archivio del padre Ottavio, lo studio di quelle carte, prodromico al loro riordinamento e alla conseguente inventariazione, ha consentito l’individuazione di altri fascicoli che se non altro in ragione della data di produzione non possono che essere attribuiti a Neos Dinale. Il piccolo fondo consente anche  lo studio di periodi precedenti l’entrata di Neos Dinale nella vita attiva, grazie alla presenza di documentazione del padre Ottavio, da Neos tenuta con cura e talvolta – probabilmente – tratta dall’archivio del padre per ricordo filiale e/o per desiderio di attestazione di rapporti di lui una volta scomparso.

Il riordinamento di simile - peraltro non ampio - archivio ha dunque presentato problemi non insormontabili. L’esigenza dell’istituzione della serie Corrispondenza è stata subito sentita in virtù del reperimento di alcune fattispecie epistolari frammiste a quelle del padre Ottavio, in folders che dall’aspetto denunciavano una realizzazione non originaria. È il caso di fare presente che sia l’archivio di Ottavio Dinale sia quello del figlio Neos sono stati consultati dai familiari e da ricercatori in tempi relativamente remoti, e comunque prima del versamento presso la Fondazione, e assai probabilmente simile consultazione ha condotto, più o meno consapevolmente, all’alterazione dell’ordine che le carte avevano in origine. Ciò ha dato vita a una certa mescolanza dei documenti dell’uno e dell’altro, sanata dallo studio e dalla riflessione cui i due fondi sono stati sottoposti. Per il fondo Neos Dinale il risultato è stato l’emersione di un sia pur contenuto insieme di corrispondenza.

Le due serie che seguono erano più o meno individuabili nella congerie dell’unico faldone in origine attribuito a Neos.

Le ultime due serie hanno un contenuto – per così dire – bibliografico, conservano cioè ritagli stampa o brevi monografie: simile documentazione è stata identificata nel corso dell’esplorazione del fondo di Ottavio.

Nell’ottobre 2019, quando il lavoro di riordinamento e di inventariazione degli archivi di Ottavio e di Neos Dinale era stato appena terminato, gli eredi hanno versato presso la Fondazione altri documenti prodotti dai congiunti. Grazie al contributo della Direzione generale Archivi del Mibact, messo a bando il 9 aprile 2020 e concesso con ddg 5 giugno 2020, è stato possibile implementare i fondi archivistici e i relativi inventari. L’attività professionale si è espletata in primis individuando la documentazione dell’uno e quella dell’altro fondo tra quanto versato dagli eredi, giacché il materiale donato non presentava divisioni tra soggetti produttori. In seguito si è valutata l’appartenenza dei documenti alle varie serie di ciascun fondo, il che ha comportato in qualche caso l’istituzione di nuove serie e sottoserie. Il lavoro è proseguito con la produzione di schede di serie, sottoserie, unità archivistiche e documenti, l’implementazione di alcune introduzioni, la correzione delle quantità delle diverse partizioni. Del pari sono state riviste le note biografiche dei personaggi, aggiungendo e correggendo notizie, dati, informazioni.
Nello specifico, per l'archivio di Neos Dinale sono state istituite una serie, 2. Periodo sudamericano, e quattro sottoserie della partizione già n. 3, ora n. 4. Attività prefettizia,  1. Prefettura di Macerata, 2. Prefettura di Savona, 3. Prefettura di Vicenza, 4. Processo per collaborazionismo. Come accennato, sono state create nuove schede Unità archivistica e Corrispondenza, è stato implementato il contenuto di alcuni fascicoli.

Modalità di acquisizione
Il fondo è stato donato alla Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice dagli eredi Dinale nel 2006.
Contenuto
Pur se di contenute dimensioni, l'archivio di Neos Dinale mostra diversi elementi di interesse. La corrispondenza è impreziosita dalla presenza di un consistente carteggio con il padre Ottavio, risalente addirittura agli anni precedenti la nascita del figlio maschio, che prima, inevitabilmente, la madre di Neos, Marcella Vendramin, e poi lo stesso Neos hanno conservato con grande affetto.
Di interesse è la serie riguardante l'Ufficio stampa del capo del governo e poi il Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda, con dati e notizie non facilmente reperibili, compresi gli elenchi del personale e le loro competenze.
Del pari è utile la consultazione della serie sull'attività prefettizia di Neos, specie per il periodo di guerra.
La serie Scritti di terzi conserva un inedito di Mario Bergamo.
Strumenti di ricerca
Inventario a stampa e in formato elettronico a cura di Alessandra Cavaterra.
Struttura

serie 1. Corrispondenza

serie 2. Periodo sudamericano

serie 3. Ufficio stampa del capo del governo e Sottosegretariato di Stato per la stampa e la propaganda

serie 4. Attività prefettizia

            sottoserie 1. Prefettura di Macerata

                sottoserie 2. Prefettura di Savona

                sottoserie 3. Prefettura di Vicenza

                sottoserie 4. Processo per collaborazionismo

serie 5. Scritti di terzi

serie 6. Raccolta di pubblicistica varia
Descrittori
Fascismo,Repubblica sociale italiana,Seconda guerra mondiale,Prima guerra mondiale,Emigrazione italiana
Numerazione
Numero:
15
Fonti collegate
Archivio della Fondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice, Roma, fondo Ottavio Dinale
Bibliografia

V. Ceresi, Leuzira. Sacrificio e apostolato, 4a ed. ampliata e documentata, Libreria editrice Coletti, Roma [1943]

M. Bergamo, Novissimo annuncio di Mussolini, Cino del Duca Editore, Milano 1962
M. Missori, Governi, alte cariche dello Stato, alti magistrati e prefetti del Regno d'Italia, Ministero per i beni culturali e ambientali, Roma 19893, pp. 509, 587, 628

Relazioni

Soggetto produttoreDinale, Neos
Fondo di appartenenzaDinale Neos

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Serie | 1896-1967CorrispondenzaFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
Serie | 1958; 1960-1965Scritti di terziFondazione Ugo Spirito e Renzo De Felice
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