Visconti, Luchino
regista | Milano 02/11/1906 - Roma 17/03/1976
Metadati
- Tipologia
- Persona
- Date di esistenza
- Luogo di nascita:
- Milano
- Data di nascita:
- 02/11/1906
- Luogo di morte:
- Roma
- Data di morte:
- 17/03/1976
- Attività/mestiere/professione
- Qualifica:
- regista
- Biografia / Storia
- Luchino Visconti era figlio del conte Giuseppe Visconti di Modrone, erede di una famiglia che aveva dominato Milano fra il 1277 e il 1447, e di Carla Erba, appartenente a una ricca famiglia di industriali lombardi, imparentata con l'editore musicale Ricordi. Sotto la guida della madre, Luchino riceve in casa un'educazione di altissimo livello culturale e di forte impostazione etica e, immaginando il suo futuro legato alla musica, viene avviato allo studio del violoncello. Frequenta poi il collegio dei Salesiani e il liceo Berchet senza brillanti risultati, dimostrando un carattere assai inquieto. E' un lettore inesauribile. Nel 1926, si arruola anticipatamente per ottenere, non avendo diploma, il titolo di sottufficiale che gli permetterà l'anno dopo di frequentare la Scuola di Cavalleria di Pinerolo. Nel 1930, la sua passione per i cavalli lo spinge a realizzare una scuderia modello a Milano, nei pressi di S.Siro, dove con perizia alleva cavalli da corsa: con Sanzio riscuoterà brillanti riconoscimenti internazionali. Prosegue intanto la stagione dei viaggi all'estero - Inghilterra, Tunisia, Germania, Austria e soprattutto Parigi - per sfuggire il clima dell'Italia fascista e trovare respiro culturale necessario alle sue esigenze intellettuali. Rinuncia alla vaga idea di diventare scrittore e gira il suo primo film, in 8mm., andato perduto. Nel 1935, il giovane conte è costretto ad accettare la rottura del fidanzamento con la nobile austriaca Irma Windisch-Graets, per l'opposizione della famiglia della ragazza. A Parigi l'amica Coco Chanel lo introduce nell'ambiente del Fronte Populare e gli presenta Renoir e Cocteau: i rapporti con i comunisti francesi fanno nascere in lui una coscienza politica. Così egli rievocherà quel periodo: "...Furono proprio il mio soggiorno in Francia e la conoscenza di un uomo come Renoir che mi aprirono gli occhi su molte cose. Capii che il cinema poteva essere il mezzo per avvicinarsi a certe verità da cui eravamo lontanissimi, specialmente in Italia...Durante quel periodo ardente - era quello del Fronte Popolare - aderii a tutte le idee, a tutti i principi estetici e non soltanto estetici, ma anche politici. Il gruppo di Renoir era schierato nettamente a sinistra e Renoir stesso, anche se non era iscritto, era certamente molto vicino al partito comunista. In quel momento ho veramente aperto gli occhi: venivo da un paese fascista dove non era possibile sapere niente, leggere niente, conoscere niente, nè avere esperienze personali. Subii uno choc. Quando ritornai in Italia, ero veramente molto cambiato...". A novembre del 1936 fa la sua prima esperienza teatrale con l'allestimento di Carità mondana e Il dolce aloe, al teatro Manzoni di Milano. In Italia, forte del sodalizio con Giuseppe De Santis e col gruppo della rivista Cinema, egli decide di realizzare, nel 1943, Ossessione, recensendo il quale fu coniato il termine neorealismo e che segnerà nella storia del cinema una vera rottura formale con il passato e soprattutto con la cinematografia del ventennio fascista in Italia. Partigiano militante, subisce il carcere e la sua casa, asilo e punto di riferimento della Resistenza romana, è tenuta sotto sorveglianza. Il 15 aprile 1944 viene arrestato e torturato. Nel 1945 esordisce a teatro, allestendo con crudo realismo la prima edizione italiana di Parenti terribili di Jean Cocteau. Alla stereotipata scena italiana egli impone con forza il gusto dello spettacolo moderno, con repertori contemporanei di Sartre, Williams, Miller, Hamingway e Hanouilh. Rivisita successivamente la drammaturgia classica, allestendo Il matrimonio di Figaro (1946), l'Oreste di Alfieri (1949), Troilo e Cressida(1949), La Locandiera (1952). A lui si devono le prime edizioni italiane di successo delle grandi commedie di Cecov. Memorabili furono le regie di Tre sorelle (1952) e de Il giardino dei ciliegi (1965). Altrettanto dirompente e sottoposta ogni volta a critiche accese e contrastanti, sarà la rivoluzione operata da Visconti nella regia operistica, che ha inizio nel 1954, con l'allestimento per il teatro Alla Scala di Milano de La vestale, della Sonnambula (1955), della Traviata (1955) e di Anna Bolena (1957), magico risultato dell'artista con Maria Callas. Ad essi seguirono, fra gli altri, due edizioni di Don Carlos (1958, 1965), Macbeth (1958), Salome (1961), Il trovatore (1964), Falstaff (1966), fino a Manon Lescaut (1973), ultimo lavoro operistico portato in scena. "...Cinema, teatro, lirica: io direi che è sempre lo stesso lavoro. Malgrado l'enorme diversità dei mezzi usati. Il problema di far rivivere uno spettacolo è sempre uguale. C'è più indipendenza e libertà nel cinema, ovviamente, e nel cinema il discorso diventa sempre molto personale: si è molto più autori facendo un film, anche se si tratta di un film di derivazione letteraria...". Con i due film, che avevano seguito Ossessione, La terra trema (1948) e Bellissima (1951), il regista aveva preso le distanze dal neorealismo. Come nel teatro, anche nel cinema, egli predilige narrazioni di situazioni estreme e/o emblematiche. Con Senso (1954), attraverso una vicenda passionale, egli rivisita il Risorgimento come una rivoluzione fallita; in Rocco e i suoi fratelli (1960) la disgregazione sociale nell'emigrazione dal sud al nord del paese; ne Il Gattopardo (1963) narra il conflitto tra coscienza e memoria, fra passato e presente. Afferma Visconti: "...al cinema mi ha portato l'impegno a raccontare la storia di uomini vivi nelle cose e non le cose in se stesse...". Ogni sua realizzazione, sia per il teatro che per lo schermo, solleva censure e polemiche, e, se alcuni spettacoli teatrali si concludono con l'arrivo della polizia, le sue pellicole subiranno processi. Film quali Ossessione e Terra trema, avevano irritato i bempensanti per l'immagine che egli offriva dell'Italia fascista, mentre in Senso, Rocco e i suoi fratelli e La caduta degli dei (1969) sono la libertà di giudizio, la lucida analisi storica a urtare suscettibilità. Accanto ai denigratori scontati che male sopportano un aristocratico che vota comunista, egli deve combattere l'ostracismo di coloro che avrebbero voluto il suo lavoro cristallizzato nel cliché della cinematografia di cui era stato l'iniziatore, costringendo la sua genialità e la libertà della sua ricerca artistica. Col passare degli anni, l'equilibrio che aveva connotato i suoi capolavori del dopoguerra - tra le spinte ideologiche e i richiami di una formazione culturale legata ai grandi maestri del decadentismo - cede il passo ad una profonda crisi espressiva. La risposta di Visconti è diretta: si tratta di ritornare alle prime fonti di ispirazione - a Mann e Proust e nella musica a Verdi e Mahler - e di operare una rilettura critica, attraverso la quale riscoprire le ragioni della sua attività artistica. Scegliendo temi sempre più autobiografici, al limite fra coscienza marxista e sensibilità aristocratica, Visconti giunge alla realizzazione di una vera trilogia germanica, con La caduta degli dei (1969), Morte a Venezia (1971) e Ludwig (1973). Durante la lavorazione di quest'ultimo film Visconti, a luglio 1972, viene colpito da trombosi. Nonostante la malattia, riesce ancora a girare Gruppo di famiglia in un interno (1974) e, come si è detto, ad accostare Puccini, con Manon (1973). Visconti volle al suo fianco nelle imprese teatrali e cinematografiche collaboratori straordinari, quanto fedeli: sceneggiatori quali Suso Cecchi D'Amico, Enrico Medioli, Gerardo Guerrieri, scenografi quali Mario Chiari, Ferdinando Scarfiotti, Ottavio Scotti e Mario Garbuglia ed ancora - continuando a citarne solo alcuni - costumisti come Piero Tosi e musicisti come Franco Mannino e Nino Rota. Vero e proprio formatore di équipes di lavoro, alle quali imponeva un rigore ed un impegno esemplari, egli resta un grande esempio di direttore di recitazione sia per il teatro e il cinema, ma con ancor maggiore evidenza per il teatro lirico (basti pensare ai cinque spettacoli realizzati con Maria Callas). Quattordici film, più di quaranta spettacoli teatrali e oltre una ventina di quelli lirici consacrano Luchino Visconti, uno fra i maggiori registi di tutti i tempi. Il suo lavoro che verrà improvvisamente interrotto, quando la riduzione cinematografica de L'innocente sarà nella fase di doppiaggio. La morte gli impedisce di portare a termine un progetto al quale lavorava da tempo - la Recherche proustiana - consono alla sua straordinaria formazione e alla sua sensibile natura.